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PERCHÉ SERVONO CENTRI E SPAZI DEDICATI AI DISTURBI ALIMENTARI

Sanihelp.it – I disturbi alimentari rappresentano una delle sfide più delicate e complesse della nostra epoca. Non si tratta di problemi con il cibo, ma di vere e proprie patologie che coinvolgono corpo e mente, con conseguenze profonde sul piano fisico, psicologico e relazionale. Anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata (BED) e altre forme correlate richiedono interventi specialistici, continuità terapeutica e ambienti di cura strutturati.


In Italia sono attivi 132 centri dedicati ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione — 105 pubblici e 27 privati accreditati — secondo la mappatura nazionale del 2024 aggiornata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). È un segnale incoraggiante, ma non ancora sufficiente: le differenze territoriali, le liste d’attesa e la disomogeneità qualitativa tra le strutture restano problemi concreti.

Dietro ai numeri, però, c’è un dato essenziale: l’esistenza di centri specializzati non è solo una questione organizzativa, ma la condizione necessaria per offrire cure efficaci e, spesso, per salvare vite.

Una sfida che coinvolge corpo, mente e società

I disturbi alimentari sono patologie complesse che toccano ogni aspetto della persona. Oltre ai gravi rischi fisici — cardiaci, metabolici, ossei, neurologici — comportano distorsioni dell’immagine corporea, ansia, depressione e conflitti familiari. Nessuno di questi elementi può essere affrontato in modo isolato: serve un approccio integrato, capace di unire competenze diverse e sensibilità clinica.

Secondo i dati forniti dall’ISS, oltre 3 milioni di italiani convivono con un disturbo dell’alimentazione. L’età d’esordio si abbassa, i casi tra i maschi aumentano e la pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione. È un fenomeno in crescita che richiede risposte sistemiche, non occasionali.

Cosa distingue un centro specializzato

Un centro dedicato ai disturbi alimentari non è un reparto ospedaliero generico: è uno spazio pensato per affrontare la complessità della malattia con strumenti specifici.
 Alcuni elementi ne definiscono la qualità:


  • Équipe multidisciplinare
    Psichiatri, psicologi, nutrizionisti, internisti, dietisti, infermieri, terapisti occupazionali e fisioterapisti lavorano in stretta collaborazione, condividendo protocolli e confrontandosi regolarmente sui casi clinici.
  • Terapie basate sull’evidenza
    I percorsi terapeutici seguono le linee guida internazionali, come la terapia cognitivo-comportamentale potenziata (CBT-E) e la terapia familiare (Family Based Treatment), per garantire efficacia e sicurezza.
  • Coinvolgimento delle famiglie
    I familiari diventano parte attiva del processo di cura, attraverso programmi psicoeducativi, gruppi di sostegno e percorsi di terapia condivisa.
  • Continuità terapeutica
    Il percorso non termina con la dimissione: i follow-up regolari e i programmi di prevenzione delle ricadute sono fondamentali per mantenere i risultati nel tempo.

Quando manca la specializzazione

Gestire un disturbo alimentare in contesti non specifici comporta rischi importanti.
Un ritardo diagnostico può far passare mesi preziosi, mentre trattamenti inadeguati — diete restrittive, psicoterapie generiche — possono peggiorare il quadro clinico.
Complicanze mediche non riconosciute, come aritmie o squilibri metabolici, possono avere conseguenze gravi.
E senza un supporto strutturato, le ricadute restano frequenti, con un impatto pesante sulla qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

Il panorama italiano: progressi e criticità

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto passi avanti grazie al fondo nazionale per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e al lavoro di coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità. La mappatura online dei centri è oggi uno strumento utile per orientare le famiglie e i medici di base.

Tuttavia, restano criticità evidenti:

  • Distribuzione disomogenea tra Nord e Sud;
  • Liste d’attesa prolungate, che possono superare i sei mesi;
  • Scarsità di strutture residenziali dedicate;
  • Disparità qualitative, dovute all’assenza di équipe complete o di protocolli aggiornati.

Centri specializzati: un investimento di salute pubblica

La ricerca scientifica è chiara: un trattamento precoce, integrato e multidisciplinare aumenta le probabilità di guarigione e riduce la mortalità. Strutture come il Centro Lilac, specializzato nei DCA, dimostrano concretamente come un ambiente dedicato possa fare la differenza, offrendo diagnosi rapide, terapie mirate e un contesto di cura sicuro e accogliente.

Investire in questi centri significa anche ridurre i costi sanitari e sociali a lungo termine. Le complicanze mediche, i ricoveri d’urgenza e la cronicizzazione pesano enormemente sul sistema. Una presa in carico tempestiva consente invece di abbreviare i tempi di malattia e migliorare la qualità di vita.

E non va dimenticato l’impatto sulle famiglie: convivere con un disturbo alimentare comporta stress emotivo e carichi organizzativi importanti. Un centro specializzato rappresenta anche un punto di riferimento, un luogo dove sentirsi accompagnati e compresi.

Guardare avanti

Rafforzare la rete dei centri per i disturbi alimentari significa investire nel futuro della salute pubblica. Ogni struttura dedicata rappresenta una possibilità concreta di guarigione, una porta aperta per chi sta lottando e per chi, accanto, cerca risposte e sostegno.
Perché nei disturbi alimentari, la differenza tra un percorso difficile e un reale recupero spesso si gioca proprio lì — nello spazio giusto, con le persone giuste.

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