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Scelta del nome: cosa dice la legge

Come lo chiamiamo?

Sanihelp.it – L’ultimo caso è quello della coppia genovese che voleva chiamare il proprio bimbo Venerdì. Il riferimento all’amico indigeno del naufrago Crusoe non c’entra, pare che i genitori liguri si siano proprio affezionati a questo nome, tanto da aver dichiarato di voler chiamare un ipotetico futuro fratellino Mercoledì. Ma l’anagrafe proprio non ci sta: per lo Stato il bimbo è Gregorio, come il santo festeggiato il giorno della sua nascita.
Mamma e papà devono dunque rassegnarsi? Vediamo cosa dice la legge in fatto di nomi.


Gli articoli 34 e 35 del decreto n. 396/2000 recitano così:

• Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere composto da uno o da più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre.

• È vietato imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi.

I nomi stranieri che sono imposti ai bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell'alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell'alfabeto della lingua di origine del nome.

• Ai figli di cui non sono conosciuti i genitori non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l'origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l'atto di nascita è formato.

Questa è la legge. Ma di fronte a genitori particolarmente ostinati, l’Anagrafe non può più, come avveniva in passato, rifiutarsi di registrare un nome. Al massimo, può fare una segnalazione al Procuratore della Repubblica che, a sua discrezione, può decidere, se ritiene il nome davvero inaccettabile, di intervenire con un’istanza alla prefettura.
Al quarto comma dell’articolo 34 dello stesso decreto si legge infatti: «Se il dichiarante intende dare al bambino un nome in violazione del divieto stabilito nel comma 1 o in violazione delle indicazioni del comma 2, l'ufficiale dello stato civile lo avverte del divieto e, se il dichiarante persiste nella sua determinazione, […] ne dà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promovimento del giudizio di rettificazione».


Ricordiamo infine che l’atto di nascita si può fare direttamente al centro nascita, ospedale o clinica privata dove è avvenuto il parto entro i primi tre giorni dall’arrivo del bambino, oppure entro i 10 giorni successivi presso l’ufficiale di Stato Civile.

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