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Glioblastoma multiforme: nuove speranze di trattamento

Sanihelp.it – Il glioblastoma multiforme (GBM) è una forma di tumore cerebrale molto aggressiva e ancora difficile da curare, anche a causa delle numerose recidive.


I pazienti affetti da GBM vengono solitamente sottoposti a interventi chirurgici per la rimozione del tumore, a cui seguono radio e chemioterapia.

Nonostante ciò, è difficile prevenire le recidive del tumore nella quasi totalità dei casi.

Questo perché le poche cellule tumorali rimaste quiescenti nel tessuto sano dopo le terapie sono in grado di sviluppare resistenze ai trattamenti.

 

Uno studio condotto da  ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr-In), però,  ha descritto un nuovo approccio terapeutico per il trattamento dei tumori cerebrali, in particolare proprio per il glioblastoma multiforme (GBM) e le sue recidive.

La ricerca, svolta in vitro e in vivo in modelli sperimentali di glioblastoma e stata sostenuta dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), apre la strada allo sviluppo di nuove potenziali terapie per questo e altri tipi di tumore.


Proprio dallo studio in coltura di alcune cellule tumorali e cellule staminali del cancro, i ricercatori hanno sviluppato dei nuovi fattori antitumorali in grado di inattivare e silenziare particolari fattori pro-tumorali.

Tale azione si verifica in modo specifico ed esclusivo nelle cellule tumorali cerebrali, impedendo così la crescita del tumore e l’insorgenza di recidive. Il trattamento si è dimostrato tanto efficace nelle cellule tumorali, quanto inerte – e quindi sicuro – in quelle sane, come per esempio nei neuroni.

 

«Con l’obiettivo di raggiungere una remissione di lunga durata per questo tipo di tumore, da anni siamo impegnati in laboratorio nello sviluppo di una strategia efficace per colpire sia le cellule malate residue sia le cellule staminali del cancro, e sopprimere la loro attività tumorale» ha commentato Vania Broccoli, responsabile dell’unità Cellule Staminali e Neurogenesi dell’Ospedale San Raffaele e del Cnr-In.

I risultati ottenuti dovranno ora essere confermati in ulteriori studi di laboratorio prima di poter essere valutati in sperimentazioni cliniche con i pazienti.

 

«Speriamo che questo nuovo approccio possa presto affiancare le terapie attuali per il GBM. Il trattamento potrebbe essere svolto contestualmente alla rimozione chirurgica, senza che sia necessario sospendere chemio e radioterapie, oggi lo standard per questo tipo di tumori», conclude la dottoressa Broccoli.

I risultati di questo studio potrebbero inoltre essere applicati al trattamento di altri tipi di cancro, anche perchè la tecnica messa a punto è modulabile e versatile e potrebbe essere utilizzata, in linea di principio, per veicolare altri fattori antitumorali, con applicazioni contro tumori del polmone, della mammella, del fegato o dei reni.

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