Sanihelp.it – Il carcinoma cutaneo a cellule squamose rappresenta una delle neoplasie più frequenti e costituisce il 20-25% dei tumori cutanei. È tipico dell’età avanzata, infatti raramente si riscontra sotto i 45 anni, ed è più frequente nel sesso maschile. I fattori di rischio sono la pelle, i capelli e gli occhi chiari e l’esposizione prolungata e ripetuta ai raggi solari.
Il trattamento di elezione è chirurgico, ma nel caso di impossibilità a operare, si può ricorrere alla radioterapia. La chemioterapia e le terapie a bersaglio molecolare possono ottenere la regressione tumorale in una
significativa percentuale di pazienti, sebbene tali risposte siano spesso di breve durata. A partire da maggio 2020, è stata approvata in Italia la rimborsabilità del trattamento con l’anticorpo anti-PD-1 cemiplimab.
L’azienda Regeneron Pharmaceuticals, Inc. ha annunciato i dati dello studio di Fase 3 C-POST, che ha valutato l’azionedi questo anticorpo monoclonale anti-PD-1, cemiplimab, in pazienti con carcinoma cutaneo a cellule squamose ad alto rischio dopo intervento chirurgico.
«Sebbene la chirurgia e la radioterapia rimangano il cardine del trattamento per il carcinoma cutaneo a cellule squamose ad alto rischio, esiste un bisogno critico e insoddisfatto di terapie sistemiche per aiutare a prevenire le recidive e le metastasi, al fine di ottenere risultati migliori per i pazienti», ha affermato Danny Rischin, Research Lead, Head and Neck Cancer and Cutaneous SCC, Department of Medical Oncology, presso il Peter MacCallum Cancer Centre di Melbourne, autore principale dello studio.
I dati sono incoraggianti: con una durata mediana del follow-up di 24 mesi, i risultati di efficacia per cemiplimab rispetto al placebo sono stati i seguenti: riduzione del 68% del rischio di recidiva di malattia o decesso, con sopravvivenza libera da malattia mediana non raggiunta per i pazienti trattati con cemiplimab; a due anni, 87% di sopravvivenza libera da malattia con cemiplimab vs. 64% con placebo; riduzione dell’80% del rischio di recidiva locoregionale; riduzione del 65% del rischio di recidiva a distanza.