Sanihelp.it – La società e la morale condannano fermamente la vendetta. Il desiderio di riparare a un'offesa punendo il colpevole in prima persona è spesso dipinto come una sete implacabile che diffonderebbe la disgrazia senza portare alcun sollievo. Ma se questa visione non fosse del tutto vera? È quello che pensano alcuni specialisti delle scienze umane e della psicologia.
Certo, non si spingono a raccomandare rappresaglie violente, che potrebbero creare un circolo vizioso. Ma, secondo loro, il desiderio di vendetta è una pulsione di vita, un bisogno di giustizia e di azione che confuta la posizione di vittima.
Migliora il nostro umore
Uno studio condotto da ricercatori americani dell'Università del Kentucky, pubblicato recentemente sul Journal of Personality and Social Psychology, ha rivelato le virtù euforiche della vendetta. Centocinquantasei volontari hanno scritto testi su un argomento personale, che sono stati poi sottoposti alle opinioni degli altri partecipanti. Ad alcuni di loro è stata poi data la possibilità di pungere con degli aghi delle bambole voodoo che rappresentavano gli autori delle critiche negative. Alla fine dell'esperimento, gli psicologi hanno notato un netto miglioramento dell'umore di coloro che si erano sfogati sulle bambole rispetto agli altri!
Si tratta di una vendetta simbolica, ma il suo lato reale a volte ha anche un effetto positivo sulla persona che vi si abbandona. Il desiderio di vendetta nasce dal bisogno di fare ammenda: qualcuno ci ha fatto un torto. Ma alla legge non interessano le meschinità, le pugnalate alle spalle… La vendetta diventa allora una forma di autogiustizia. Il problema è quando si entra in un circolo vizioso da cui non si riesce a uscire. Il sollievo può lasciare il posto all'amarezza, al dolore e alla frustrazione. Per evitare l'effetto boomerang, gli esperti consigliano di privilegiare rappresaglie simboliche e giocose, senza conseguenze drammatiche. E se la vendetta è 'un piatto che va servito freddo', non è tanto per renderla più machiavellica quanto per lasciare che la rabbia iniziale si plachi…
Ripristina il nostro ego
La morale ci impone di perdonare o almeno di non rispondere all'attacco. Ma la nostra natura non è d'accordo! Esige una riparazione che ci permetta di rimettere insieme la testa. La vendetta è il desiderio di ripristinare il proprio essere quando è stato degradato da un'offesa.
La maggior parte dei nostri piani perfidi non esce mai dalla nostra testa, ma ci permette di riprendere il controllo degli eventi, anche simbolicamente. E questa dinamica è utile per ricostruire noi stessi. D'altra parte, una reazione passiva può spingerci in una posizione di sottomissione e sofferenza. È difficile uscirne, e spesso con una pessima immagine di sé.
Ringiovanisce la nostra immagine
La vendetta ha svolto a lungo un ruolo importante nella società umana, consentendo alle persone di difendere il proprio posto nel gruppo e di ottenere il riconoscimento dei propri pari. Oggi evitiamo semplicemente la parola 'vendetta'. Preferiamo il termine 'riposta' o 'contrattacco'. L'effetto dissuasivo è simile: dimostrare agli altri che ci si sa difendere e tenerli a distanza. Per svolgere un ruolo positivo nell'interazione sociale, però, la reazione deve rimanere proporzionale all'offesa: tutti devono poter riconoscere che è stata 'giusta'. Il segno che ha funzionato? Gli altri si divertono e pensano che sia giusto così!
E a volte ci risolleva…
Tuttavia, alcuni atti di vendetta sono comunque aggressioni che, a posteriori, possono essere dure per chi le compie. Un collega che si è comportato male nei nostri confronti perde il lavoro, ma la moglie lo lascia e improvvisamente ci si rende conto che non si è migliori di lui… Invece di arrivare a questo punto, è possibile sublimare la rabbia, concedendosi una 'buona vendetta': si tratta di superare l'altro, di farlo 'soffrire' usando la gelosia e l'invidia. È il miglior tipo di vendetta. Non comporta rischi, ma permette di andare avanti senza essere schiacciati.