Sanihelp.it – Nuove minacce al seme maschile. Non basta il calo vertiginoso della concentrazione di spermatozoi al suo interno rilevata da alcuni studi: nel liquido seminale trovano sempre più spazio le microplastiche, almeno stando ad una ricerca pubblicata in preprint (cioè in versione preliminare) sulla rivista internazionale Science of the total environment. Presentato in anteprima all’ultimo Congresso della S.I.R.U. – Società Italiana della Riproduzione Umana, lo studio rientra nell’ambito delle attività del progetto EcoFoodFertility, prima ricerca al mondo multicentrica di biomonitoraggio umano sul rapporto tra ambiente, alimentazione e salute riproduttiva che da tempo indaga in diverse aree ad alto rischio ambientale la presenza dei contaminanti ed i loro effetti sulla salute umana a partire proprio dalla valutazione del seme umano come sentinella della salute ambientale e generale.
A guidare la ricerca è il dottor Luigi Montano, uroandrologo dell’ASL Salerno, coordinatore di EcoFoodFertility, nonché past president della Società Italiana della Riproduzione, in collaborazione con i gruppi di ricerca delle professoresse Oriana Motta dell'Università degli Studi di Salerno, Marina Piscopo, dell’Università Federico II e Elisabetta Giorgini dell’Università Politecnica delle Marche. La dottoressa Valentina Notarstefano ha identificato e caratterizzato tramite l’utilizzo della Microspettroscopia Raman, strumentazione in dotazione presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, microparticelle di plastica in 6 su 10 campioni di liquido seminale di uomini sani, non fumatori residenti in un’area ad alto impatto ambientale della Campania. Già a gennaio 2023, sulla rivista Toxics lo stesso gruppo aveva individuato per la prima volta microplastiche in urine di residenti dell’area nord di Napoli e Salerno. Sono stati identificati in termini di forma, colore 16 frammenti di microplastiche delle dimensioni da 2 a 6 micron, ossia più piccoli di un granellino di pulviscolo.
L’esatta composizione chimica delle microplastiche ritrovate nello sperma umano di questo studio fa riferimento a polipropilene (PP), polietilene (PE), polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS), polivinilcloruro (PVC), policarbonato (PC), poliossimetilene (POM) e materiale acrilico. «L’origine di questi frammenti potrebbe essere varia e può comprendere cosmetici, detergenti, dentifrici, creme per il viso e il corpo, adesivi, bevande, cibi o anche particelle areodisperse nell’ambiente, per cui le vie di ingresso nell’organismo umano possono avvenire attraverso l'alimentazione, la respirazione ed anche la via cutanea» spiegano i ricercatori. «Il passaggio al seme umano sembrerebbe avvenire dall’epididimo e dalle vescicole seminali, strutture più facilmente suscettibili a processi infiammatori che possono favorire la maggiore permeabilità, ma anche per alterazioni importanti della barriera ematotesticolare».
Le stesse microplastiche fanno da cavallo di Troia per altri tipi di contaminanti ambientali che legandosi ad esse procurano ulteriori danni all’interno agli organi riproduttivi, particolarmente sensibili agli inquinanti chimici. «Si stanno continuando ad indagare altre matrici umane che, se confermate negli esperimenti in corso, rappresenterebbero una dimostrazione di quanto la contaminazione della plastica sia da considerare un’emergenza da affrontare nell’immediato; averle già trovate in una matrice così sensibile per la conservazione e l’integrità del nostro patrimonio trasmissibile di certo non è una notizia confortante, è a rischio il futuro della nostra specie oggi più che mai minacciata nella sua essenza» conclude Montano.