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Sono milioni nel mondo (circa 3,5) gli affetti da vescica iperattiva e incontinenza urinaria: in Italia si valuta che l’incidenza sia del 2-3% nell’uomo e del 10% nella donna al di sotto dei 65 anni, per passare al 15-16% in entrambi i sessi oltre i 65 anni.
Nel corso della vita si contano due picchi di incidenza: uno precoce (44-55 anni) e l’altro tardivo (dai 55 in poi). L’incontinenza non è, infatti, una conseguenza dell’avanzare degli anni bensì un problema di salute che può presentarsi anche in maniera occasionale, e la gradazione del disturbo è modificata anche dalla percezione che ne ha il soggetto, percezione che condiziona la soglia di sopportazione e il momento in cui si decide di consultare il medico.
La definizione scientifica di incontinenza urinaria (dribbling incontinence) identifica una perdita involontaria di urina in tempi e luoghi inappropriati. Il non essere in grado di farla al posto giusto al momento giusto implica la mancanza, nel soggetto, di:
In gravidanza un po’d’incontinenza è normale: il disturbo colpisce il 32-64% delle gravide e il 20-38% delle donne nel primo anno dopo il parto. Infatti nella gestazione i muscoli del pavimento pelvico perdono solidità e non riescono più a trattenere l’urina, inoltre in gravidanza si urina di più in seguito alle modificazioni ormonali. Le multipare sono le più colpite.
Anche dopo la nascita del bebé può sorgere il problema: durante il parto si possono verificare danni da stiramento ai legamenti, muscoli e nervi del pavimento pelvico, che possono favorire l’incontinenza.
In molti casi, fortunatamente, dopo il parto i muscoli tendono a tornare nel loro stato iniziale (entro circa 40 giorni), però non sempre recuperano la loro forza originaria.
Come fronteggiare il problema?
L’incontinenza urinaria con tutti i disturbi correlati (la necessità di andare spesso in bagno di giorno e/o di svegliarsi più volte la notte per urinare, il dover correre a cercare un bagno quando si ha lo stimolo a urinare ecc.), possono essere in parte attenuati o controllati prestando attenzione ad alcune abitudini o comportamenti.
Occhio alla caffeina. Non è stato ancora scientificamente chiarito se il caffè possa predisporre o meno a incontinenza urinaria. L’eccessiva assunzione, soprattutto se si tratta di caffè americani, può forse portare a maggiori disturbi. Questo viene però correlato alla quantità di liquidi assunti. Stesso discorso per chi è abituato a bere numerose tazze di tè.
Bere con moderazione ed evitare un’abbondante idratazione serale. In generale una grande assunzione di liquidi (acqua, succhi, caffè, tè, ecc.) può contribuire alla comparsa o al peggioramento di alcuni disturbi quali il fatto di dover andare spesso in bagno durante la giornata, il forte desiderio di urinare o la necessità di svegliarsi la notte per urinare. Normalmente durante il giorno si dovrebbe bere non più di 1,5 – 2 litri. La riduzione, se possibile, di quello che si beve può migliorare i disturbi urinari. Evitare di bere tanto la sera può diminuire il numero di volte che ci si sveglia la notte. Tuttavia, se riducendo i liquidi si ha una forte sensazione di sete e si urina comunque spesso, è necessario rivolgersi al proprio medico curante per indagare anche l’eventuale presenza di diabete.
Ridurre la birra. Non è stata dimostrata correlazione tra alcolici e incontinenza urinaria, tuttavia, per chi beve molta birra, è sufficiente ridurne la quantità per avere un miglioramento dei disturbi.
No ai cibi piccanti: possono peggiorare alcuni disturbi, quale il forte desiderio di urinare così come un senso di dolore vescicale.
Risolvere la stitichezza. Le donne predisposte alla stipsi sviluppano un rischio maggiore di soffrire di incontinenza urinaria e/o prolasso genitale. Purtroppo però non è chiaro se in queste donne, risolvendo il problema intestinale, migliori quello urinario. Come prevenzione è però importante cercare di rivolere la stitichezza.
Controllare il peso. La riduzione del peso corporeo, soprattutto nei casi di obesità, può portare a un notevole miglioramento dell’incontinenza urinaria nella donna. Inoltre, se fosse necessario un intervento chirurgico per curare l’incontinenza, si può creare una situazione più favorevole da un punto di vista tecnico.
Banditi gli esercizi fisici e i lavori troppo pesanti. Non esiste una relazione certa causa-effetto tra sforzi fisici eccessivi e insorgenza del disturbo urinario. Tuttavia è stato riscontrato che in questi casi è più probabile che l’incontinenza si manifesti. Invece è certo che l’esercizio fisico o il lavoro pesante possano mettere a rischio la donna di comparsa di prolasso genitale.
Ridurre o abolire le sigarette. È difficile stabilire una relazione certa tra fumo e incontinenza. Tuttavia nei forti fumatori (più di 20 sigarette al giorno), o in chi ha fumato tanto in passato, è più facile che vi sia incontinenza urinaria. Uno dei meccanismi alla base del disturbo potrebbe essere la maggiore predisposizione ad avere problemi respiratori (quali la tosse cronica) che provocano con più facilità la perdita urinaria.
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Il pavimento pelvico è l’insieme dei muscoli che chiudono dal basso il bacino, sostenendo i visceri contenuti nell’addome, compresi la vescica, l’intestino e per la donna l’utero. Questi muscoli collaborano nel mantenere la continenza per le urine e per le feci. La loro contrazione chiude il canale che porta l’urina dalla vescica all’esterno attraverso il pene o la vagina (uretra) e chiude l’ano.
La rieducazione del pavimento pelvico può essere effettuata in centri specialistici indicati dal proprio medico curante. Alcuni semplici esercizi possono comunque essere eseguiti anche da casa.
Prima di iniziare è necessario imparare a riconoscere i muscoli da rieducare.
Per farlo, l’uomo, in posizione semisdraiata, dovrà appoggiare due dita sulla regione che va dai testicoli all’ano e provare a contrarre i muscoli del pavimento pelvico come per trattenere la pipì o come per far rientrare la base del pene. Se si effettua il movimento corretto si sentirà la contrazione dei muscoli sotto le dita e si vedrà un piccolo movimento verso l’interno della base del pene. Quando si è sicuri del movimento, si può provare a rifarlo senza il controllo delle dita e della vista, cioè sentire il movimento di contrazione e sentire la differenza tra contrarre e rilasciare completamente questi muscoli.
Per la donna sarà sufficiente mettersi comodamente seduta, con le gambe divaricate e piegate e usare uno specchio per riconoscere la posizione della vagina e dell’ano. Provando a contrarre i muscoli del pavimento pelvico (si può immaginare di dover trattenere la pipì o di chiudere la vagina) si sentirà il movimento di questi muscoli e vedere nello specchio come una chiusura della vagina e dell’ano e un rientramento verso l’interno degli stessi. In un secondo momento si proverà a farlo senza specchio, per verificare di sentire il movimento di chiusura e quello successivo di rilasciamento.
Ora è necessario provare a contrarre i muscoli per qualche secondo, cercando di non trattenere il fiato. Il ritmo del respiro deve continuare regolarmente.
Bisogna essere certi che tutti gli altri muscoli del corpo rimangano rilassati: per l’uomo è importante non spingere verso il basso durante la contrazione del pavimento pelvico, per far ciò si può immaginare di «attirare» il pene e i testicoli verso l’interno, sempre però continuando a respirare; la donna dovrà fare attenzione a non cercare di aiutare la contrazione stringendo i glutei o facendo rientrare l’addome o chiudendo le gambe.
Adesso eseguire in tre posizioni (semisdraiata; seduta, leggermente inclinata in avanti; in piedi, con le anche leggermente piegate, e le mani appoggiate in avanti a un tavolo) questo esercizio: contrarre i muscoli del pavimento pelvico per 1-2 secondi mentre si espira, poi rilasciare bene e completamente per 4-5 secondi. Ripetere 5 volte.
Questi esercizi sarebbero da ripetere per tre volte al giorno, ma il numero di ripetizioni cambia in base alla condizione di allenamento dei muscoli: se dopo alcuni esercizi non si sente più la contrazione, interrompere e riprendere dopo qualche minuto di pausa, se invece gli esercizi vengono svolti con facilità, si può aumentare gradualmente il numero delle ripetizioni.
Questi esercizi servono a sviluppare una capacità di controllo, uso e allenamento dei muscoli pelvici utile per contenere per perdite di urina.
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Milioni di persone sono affette da vescica iperattiva e
incontinenza urinaria: in Italia si parla di un 4-5 % nell’uomo e di un 20 % nella donna.
Non si tratta solo di una patologia, ma di un vero problema di comunicazione tra paziente e medico.
Oggi, grazie al PROGETTO NINFEA, libertà senza fughe, è possibile abbattere questa barriera alla comunicazione, diagnosticare rapidamente la malattia e stabilire una terapia mirata.
Il progetto, realizzato dalla Fondazione Italiana Continenza (FIC), nasce, come afferma il presidente Walter Artibani, «per venire incontro sia alla reticenza del paziente sia alla necessità di fornire al medico uno strumento che agevoli diagnosi e terapia già al primo livello».
Infatti fino a oggi la gestione della malattia è stata di pertinenza degli specialisti, ora invece viene coinvolto il medico di primo livello, cioè il medico di Medicina Generale, il Ginecologo e l’Urologo del territorio.
Il progetto, come illustra il professor Roberto Carone, presidente del Comitato Scientifico della FIC, «è illustrato in un opuscolo destinato al medico e si basa su:
DUE DOMANDE: Rispondendo a due domande si stabilirà se il paziente soffre di incontinenza urinaria (da sforzo, mista o da urgenza) o di vescica iperattiva. Nel caso in cui una delle due risposte sia positiva, è possibile approfondire il problema in termini quali/quantitativi usando due questionari, che il paziente riempirà da solo o con l’aiuto del medico.
DUE PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI: Distinti in base al sesso del paziente, guidano il medico nella terapia, basata su consigli comportamentali, esercizi di riabilitazione del muscolo
perineale e trattamento farmacologico.
DUE FARMACI: Nel caso di incontinenza urinaria da sforzo (la forma femminile più diffusa in Italia), il nuovo farmaco è la duloxetina, mentre la solifenacina è efficace in tutti i sintomi della vescica iperattiva (urgenza, frequenza e incontinenza) e anche nella
nicturia».
In particolare, l’opuscolo dà indicazioni pratiche quali:
Da oggi per l’incontinenza urinaria la scelta terapeutica può contare su due nuovi farmaci: duloxetina per l’incontinenza da sforzo, solifenacina per quella da urgenza e per la vescica iperattiva.
Duloxetina rappresenta il primo e unico trattamento farmacologico per l’incontinenza da sforzo, la forma clinica di incontinenza femminile più diffusa in Italia.
È un nuovo farmaco ad azione centrale che inibisce la ricaptazione dei due neurotrasmettitori coinvolti nel controllo della funzionalità delle basse vie urinarie: serotonina (5-HT) e noradrenalina (NA) dalle terminazioni nervose, rendendoli così più disponibili a livello delle cellule nervose. In altre parole duloxetina aumenta la forza di contrazione della muscolatura striata dello sfintere uretrale. In questo modo previene la perdita di urina sotto sforzo aumentando la pressione di chiusura uretrale.
In numerosi studi pubblicati, condotti su donne con incontinenza urinaria prevalentemente da sforzo, duloxetina ha significativamente ridotto il numero di episodi di incontinenza rispetto a placebo migliorando la qualità della loro vita.
Per quanto riguarda invece la vescica iperattiva, il trattamento per questa patologia è principalmente rappresentato da farmaci della classe degli antimuscarinici, che sono in grado di alleviarne i sintomi. Tuttavia l’utilità di alcuni di questi viene limitata nella pratica clinica dalla scarsa efficacia e/o dagli effetti collaterali, tra i quali uno dei più fastidiosi è la secchezza della bocca.
Un nuovo farmaco antimuscarinico, solifenacina, è caratterizzato invece (rispetto ai farmaci precedenti) da una maggiore selettività d’azione per la vescica rispetto alle ghiandole salivari. Questa caratteristica consente al paziente di proseguire la terapia per lunghi periodi, essendo la vescica iperattiva una patologia cronica. La compliance al trattamento richiede infatti un ottimo equilibrio fra efficacia e tollerabilità, caratteristiche soddisfatte da questo farmaco.
L’efficacia di solifenacina si esprime in tutti i sintomi della vescica iperattiva, in particolare nell’urgenza, nella frequenza e nell’incontinenza, con percentuali rilevanti di completa risoluzione della sintomatologia. È l’unico antimuscarinico inoltre che a oggi ha dimostrato un impatto positivo sulla nicturia.
Questo profilo di efficacia e tollerabilità si riflette in un significativo miglioramento della qualità di vita del paziente, tale per cui ne risulta che il giudizio dei pazienti stessi sulla terapia con solifenacina è stato positivo in quasi il 100% dei casi.
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La vescica iperattiva è un disturbo altamente debilitante, che colpisce fino a 100 milioni di persone in tutto il mondo.
Per loro, oggi, c'è una nuova speranza: la multinazionale farmaceutica Pfizer ha acquisito i diritti mondiali su un nuovo trattamento, il Fesoterodine, che aumenterà il ventaglio
di opzioni per i pazienti che soffrono di questo fastidioso disturbo.
La documentazione per l'approvazione farmacologica del Fesoterodine era stata depositata dalla Schwarz Pharma AG sia presso la Food and Drug Administration statunitense che presso l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA).
«Siamo entusiasti delle possibilità che questo nuovo farmaco offre ai pazienti e ai loro medici come nuova alternativa alle terapie esistenti per la riduzione dei sintomi della vescica iperattiva», ha dichiarato con un comunicato la Pfizer Human Health. Ora si attendono i primi riscontri anche in Italia.
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Il bladder training (esercizi vescicali) è un insieme di norme comportamentali finalizzate a ripristinare il controllo della funzione urinaria. Si avvale di semplici strumenti e di regole accettabili, che non inficiano la qualità della vita. Risultati soddisfacenti vengono ottenuti in un numero elevato di casi, ma con gradualità (almeno dopo due settimane) e soprattutto in pazienti motivati e autosufficienti.
Ecco i pilastri del bladder training.
Una nuova procedura chirurgica perfezionata all’Ospedale San Giuseppe – Milanocuore è in grado di ricostruire l’anatomia genito-urinaria di tutte quelle donne che a una certa età rinunciano ai rapporti sessuali per via dell’abbassamento del pavimenti pelvico, un disturbo che causa dolore e imbarazzo in circa 1.6 milioni di italiane over 60.
L’intervento consiste nell’inserimento nel condotto vaginale di una reticella di polipropilene in grado di rialzare muscoli e tessuti in modo non invasivo, permettendo di mantenere stabili nel tempo i risultati, senza le ricadute e le complicanze degli interventi tradizionali.
Oltre il 90% delle donne operate mantiene la fisiologia ripristinata con l’intervento e può quindi riappropriarsi della sua sessualità. L’intervento è stato ideato anche per curare l’incontinenza urinaria da sforzo, una patologia che colpisce 5 milioni di italiani.
Sono 12 le strutture italiane che hanno iniziato la sperimentazione di questa tecnica.
Novità anche per i nonni: al San Giuseppe di Milano si effettuano operazioni alla prostata che regolano la potenza sessuale maschile (prostatectomia radicale perineale), intervenendo a distanza di pochi centimetri dalla ghiandola prostatica e consentendo quindi una migliore visibilità dei nervi deputati all’erezione.
I vantaggi per i pazienti sono notevoli: una ferita piccola e degenza e convalescenza brevi. Un importante passo avanti nel campo dell’urologia ricostruttiva, se consideriamo che attualmente nel nostro paese vengono diagnosticati ogni anno 20 mila tumori alla prostata.
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Per la prima volta, grazie all’ingengneria tissutale, sono state ricreate vesciche umane tissutale e a impiantarle in pazienti colpiti da disfunzioni della vescica.
Le nuove vesciche sono state impiantate a sette bambini colpiti da gravi malattie congenite della vescica, che si manifestavano con perdite molto frequenti (ogni 30 minuti).
Il team medico, coordinato dal dottor Anthony Atala, ha eseguito una biopsia della vescica su ognuno di loro e da questa hanno ricreato in laboratorio cellule muscolari e della vescica. Le cellule sono state collocate in uno stampo biodegradabile, dove sono state lasciate per un periodo di tempo compreso tra le sette e le otto settimane e dove si sono moltiplicate fino a formare una nuova vescica. La vescica è stata quindi impiantata sulla vescica del paziente per via chirurgica. La prima operazione è stata eseguita nel 1999.
A distanza di anni si può ora affermare che la tecnica ha avuto successo «È gratificante vedere che la qualità della vita dei pazienti è migliorata. Volevamo procedere lentamente e con prudenza per assicurarci di agire nel modo giusto. Si tratta di un'esperienza ristretta e limitata, ma che dispone di un follow-up sufficiente per dimostrare che l'ingegneria tissutale è uno strumento attuabile che ci consentirà di affrontare altri problemi di simile portata», ha dichiarato il dott. Atala.
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