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Tumore al seno, le donne che allattano sono più protette

L'importanza dell'allattamento per mamma e bebè.

Sanihelp.it – Sottoporsi a controlli periodici e seguire un corretto stile di vita sono pratiche virtuose per ridurre il rischio di tumore alla mammella. Ma c’è anche un altro modo per allontanare questo pericolo: allattare il proprio piccolo al seno.


L’allattamento infatti è un gesto che ha effetti postivi non soltanto sul neonato, ma anche sulla mamma. Nello specifico le donne che allattano al seno hanno un rischio di sviluppare un tumore alla mammella che diminuisce del 4,3% per ogni anno in cui si porta avanti questa pratica.

Inoltre in chi è predisposta alla malattia geneticamente per via della mutazione del gene Brca1, il cosiddetto gene Jolie visto che anche l’attrice Angelina Jolie ha ereditato tale mutazione, l’allattamento al seno fa calare le probabilità di sviluppo di questo tumore del 45%, percentuale che sale al 59% se si hanno parenti stretti colpiti dalla malattia.

La riduzione del rischio di tumore al seno che si ha grazie all’allattamento si lega al fatto che solo quando si allatta la ghiandola mammaria giunge alla sua completa maturazione diventando più resistente alle mutazioni che possono causare tale tumore. Quando si allatta inoltre si riduce la produzione di estrogeni, fattore che protegge dal carcinoma mammario.

Perché l’allattamento al seno protegga effettivamente dal tumore alla mammella è però fondamentale seguire uno stile di vita sano, rinunciando al fumo, limitando il consumo di alcolici e svolgendo attività fisica con regolarità.

Oltre che proteggere dal tumore alla mammella, l’allattamento al seno abbassa anche il rischio di comparsa di osteoporosi in età avanzata, la possibilità di sviluppare diabete di tipo 2 e di soffrire di depressione post partum.

Inoltre, fattore da non trascurare, comportando un maggior consumo energetico, permette alle neomamme di tornare in forma velocemente. Senza dimenticare che questa pratica rafforza il legame fra la mamma e il bambino.


Naturalmente non tutto è semplice e può essere che, soprattutto all’inizio dell'allattamento, si possano verificare dei problemi.

«In alcuni casi la neomamma può avvertire dolore e può comparire un arrossamento a livello di areola e capezzolo. È anche possibile che si formino dolorose ragadi al seno e, nel corso del tempo, le condizioni possono peggiorare, con la comparsa di ingorghi mammari che possono evolvere in mastiti» spiega la dottoressa Raffaella Aliperti, consulente per l’allattamento e sostegno al post partum del Centro di Aiuto alla Vita della Clinica Mangiagalli di Milano.

«Si tratta comunque di disturbi fisiologici che vanno arginati subito per evitare il rischio che la mamma smetta di allattare al seno» spiega l’esperta.

Innanzitutto, è fondamentale che la neomamma, rivolgendosi a consultori o a strutture simili, impari a tenere il bambino in una posizione corretta mentre lo allatta; inoltre, per non sollecitare sempre la stessa area del capezzolo, dovrebbe provare ad allattare in varie posizioni.

Al tempo stesso è importante lavorare sulla tecnica di attacco del bambino al seno, correggendo la modalità di suzione che immediatamente diventerà meno dolorosa.

«In secondo luogo, per alleviare dolore e arrossamenti e ridurre l’infiammazione, è d’aiuto l’utilizzo di una crema alla lanolina ad effetto emolliente e cicatrizzante» conclude la dottoressa Aliperti.

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