Sanihelp.it – Avete notato piccole crosticine biancastre su cuoio capelluto del bebè? Con buona probabilità si tratta di crosta lattea, una manifestazione cutanea assolutamente non preoccupante che in genere scompare senza lasciare traccia ma che vale la pena comunque trattare con attenzione perché si risolva velocemente e non crei fastidi al piccolo. I consigli della dottoressa Emanuela Fogli, specialista in Dermatologia al San Pier Damiano Hospital di Faenza.
Partiamo dal nome
Comunemente si chiama crosta lattea per indicare il fatto che si presenta sui bebè che si nutrono solo di latte. In realtà, anche se non sono ancora del tutto chiarite le cause, quello che si sa per certo è che questo disturbo non ha nulla a che fare con l’alimentazione e in particolare con l’assuzione di latte. La crosta lattea è infatti una forma di dermatite seborroica cioè una malattia infiammatoria della pelle che colpisce le aree dove sono presenti in grande numero le ghiandole pilosebacee. Le sue manifestazioni tipiche? La comparsa di squamo-croste aderenti di colore dal bianco al giallastro che a volte, quando sono piuttosto grandi, possono diventare grigio-nerastre. Le squame si presentano in prevalenza sul cuoio capelluto ma a volte anche sul viso, in particolare a livello delle sopracciglia, la fronte, il mento e i lati del naso dove possono comparire anche arrossamenti.
Tutta colpa del sebo
È stato verificato che il disturbo è dovuto a un’iperproduzione di sebo, la sostanza grassa che protegge la pelle e il cuoio capelluto. Ecco perché oggi si definisce il problema con il termine corretto di dermatite seborroica infantile. Quello che non è ancora ben chiaro è da dove nasca il disturbo. E’ sicuro che contribuiscono fattori ereditari e che giocano un ruolo importante gli ormoni materni che durante la vita uterina sono entrati nell’organismo del feto attraverso la placenta e che impiegano qualche tempo per essere smaltiti. Alcune ricerche hanno puntato il dito sulla presenza sulla cute affetta da dermatite seborroica di un fungo, la malassezia, responsabile anche della comparsa della forfra negli adulti.
Inutile preoccuparsi
Circa il 50% dei neonati soffre di crosta lattea, un disturbo che compare in genere attorno alle quattro settimane di vita e che dura fino ai 2-3 mesi, tempo necessario perché il bebè smaltisca gli ormoni materni, pronti a stimolare l’attività delle ghiandole sebacee che, dopo un primo periodo di iperattività, tornano silenti fino alla pubertà. Il lato positivo della questione è che si tratta più di un disagio estetico che di una vera e propria malattia: la dermatite seborroica dei bebè non è infettiva, non è contagiosa, non lascia segni sulla pelle, non fa cadere i capelli e per di più scompare da sola, senza bisogno di far nulla. In ogni caso è sempre bene chiedere consiglio al pediatra che solo in situazioni estreme può prescrivere shampoo cheratolitici a base di urea oppure creme a base di idrocortisone.
A volte ritorna
In alcuni casi il persistere della crosta lattea fino ai cinque, sei mesi di vita del piccolo può essere la spia di altre patologie come la psoriasi e la dermatite atopica. Può anche succedere che la crosta lattea si ripresenti o compaia per la prima volta in altre fasce di età, in genere attorno ai quattro e ai dodici anni. Nella pubertà, infatti, le ghiandole sebacee rimaste fino a quel momento silenti, si riattivano e questo può favorire il presentarsi della dermatite seborroica. Consultare un pediatra ed eventualmente un dermatologo in questi casi è la scelta migliore per affrontare e risolvere il problema.
Cosa fare
Per risolvere più velocemente la crosta lattea si possono adottare alcuni semplici rimedi, tutti molto delicati e rispettosi. Si parte dall’igiene, fondamentale per evitare che nelle zone colpite dalla crosta lattea la pelle, già irritata e fragile, venga sottoposta all'attacco di microrganismi nocivi. È importante, però, scegliere con particolare cura lo shampoo, evitando tutti i prodotti aggressivi che impoveriscono la cute e peggiorano l'irritazione. Ideali sono formulazioni delicate messe a punto in maniera specifica per la cura della pelle del bebé, con tensioattivi (sono le sostanze che lavano) di origine vegetale, preferibilmente arricchiti con principi attivi naturali come la calendula dall’azione lenitiva se la condizione della cute è molto irritata.
Per ammorbidire le croste si può usare un batuffolo di cotone imbevuto di un olio vegetale (mandorle, cocco, jojoba, riso, borragine) oppure se sono molto spesse si può applicare del burro di karité o della vaselina. In alternativa si possono fare impacchi di acqua e bicarbonato prima dello shampoo.
Con dolcezza
Quello che conta è non volere a tutti i costi togliere le squamette magari con metodi aggresivi »grattando» la cute che risponde peggiorando la situazione. Meglio invece lavare la testa del bebè strofinandola con delicati movimenti circolari e aiutarsi poi con un pettinino a denti stretti dalle punte arrotondate per asportare le squame, ricordando sempre di usarlo con molta delicatezza, senza accanirsi perché le croste spariscano. Meglio anche non usare creme e oli contenenti paraffina che peggiorano la condizione delle squame.
Quando è sul viso
L’igiene deve essere accurata perché nei punti dove sono presenti le squamette la pelle è comunque irritata e quindi maggiormente soggetta all’attacco di microrganismi. Ma al tempo stesso bisogna tenere conto che la crosta lattea peggiora a contatto con l’acqua e con i detergenti aggressivi che portano via la pellicola protettiva alla cute. Meglio quindi usare un latte detergente specifico da passare con un batuffolo di cotone morbido.
L’alimentazione non conta
No alle diete restrittive per le mamme che allattano visto che non cè nessuna correlazione tra la comparsa della crosta lattea e il latte materno. La dieta che un tempo si imponeva non serve a nulla e non fa altro che colpevolizzare le donne che dopo la nascita del bebè affrontano un momento delicato sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Attenzione alle unghie
In molti casi la crosta lattea non dà prurito; in altri può provocare un lieve fastidio che spinge il bebè a grattarsi: meglio quindi tagliare spesso le unghie perché potrebbe graffiarsi e creare piccole lesioni in cui si insinuano batteri, responsabili di infezioni.