Sanihelp.it – Uno studio dell'Università di Trento rivela che il microbiota (l’insieme dei microrganismi che convivono con l’organismo umano senza danneggiarlo) dei pazienti ha delle caratteristiche specifiche che lo differenziano rispetto a quello di individui sani, e per di più che lo stesso tipo di microbiota si ritrova nei pazienti di diversi paesi del mondo, indipendentemente da differenze geografiche, dieta e stili di vita.
Ciò può significare che certi batteri e il loro metabolismo contribuiscono a causare il tumore.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Medicine e potrebbe rappresentare una svolta per la diagnosi precoce non invasiva.
Lo studio è stato coordinato da Nicola Segata, responsabile del laboratorio di Metagenomica computazionale al Cibio, Università di Trento, in collaborazione con l'Istituto italiano per la medicina genomica di Torino, il Dipartimento di Informatica dell'Università di Torino e lo Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano e realizzato grazie a un finanziamento della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), sede provinciale di Trento.
«Nei campioni fecali di persone affette da cancro al colon (un migliaio) abbiamo osservato la presenza di un insieme di batteri marcatori del carcinoma, in particolare il Fusobacterium nucleatum che era già stato associato alla malattia, ma anche una decina di altri batteri che rafforzano tale associazione» commenta Segata – l'aspetto interessante è che i batteri fortemente associati al carcinoma del colon-retto sono gli stessi in pazienti di paesi diversi, inoltre è emerso che nel DNA del microbioma (l'insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi di un essere umano) dei pazienti è presente in più copie il gene per un enzima che partecipa alla trasformazione della colina – composto presente in cibi tra cui la carne – in trimetilammina, già associata a un rischio più elevato di contrarre il cancro al colon-retto.
«Il fatto che il microbioma rilevato nelle feci sia altamente predittivo della presenza della malattia – aggiunge Segata – è importante perché, combinato con altri test disponibili come quello del sangue occulto nelle feci, l'esame del microbiota potrebbe aumentare l'accuratezza diagnostica di test non invasivi».