Sanihelp.it – A dare il comunicato l’azienda Bristol Myers Squibb, che fa presente che in Italia si osservano 13.500 nuovi casi di tumore renale ogni anno e che 144.000 persone vivono dopo la diagnosi.
La forma a cellule renali è la più frequente.
L’azienda aggiunge inoltre che la Commissione europea ha approvato questa combinazione di farmaci grazie a uno studio di fase 3 CheckMate -9ER che ha dimostrato l’efficacia superiore di nivolumab + cabozantinib rispetto alla terapia tradizionale in termini di sopravvivenza globale, di sopravvivenza libera da progressione e di tasso di risposta.
Giuseppe Procopio, responsabile dell’Oncologia medica genitourinaria Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano, spiega che c’è bisogno di nuove terapie che mostrino benefici in pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato in quanto, in questo tipo di tumore, la chemioterapia e la radioterapia sono poco usate perché poco efficaci.
Quando possibile, il ricorso all’intervento chirurgico è la soluzione migliore, che consente la guarigione di oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce, mentre il 30% arriva alla diagnosi in stadio già avanzato, e in un terzo la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento.
La sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non supera il 13%.
Lo specialista rivela inoltre che lo studio CheckMate -9ER, che ha interessato 651 pazienti, ha stabilito che l’associazione nivolumab (immunoterapico) + cabozantinib (inibitore delle protein-chinasi), a un follow-up mediano di due anni ha ridotto il rischio di morte del 30% rispetto alla terapia tradizionale a base di sunitinib.
Va sottolineato anche il fatto che questa terapia è di norma ben tollerata.