Sanihelp.it – Durante la pandemia, l’Italia suddivisa in zone a colori, sembra non abbia influenzato pesantemente la sessualità. A dirlo sono i dati dell’indagine che la Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS) ha condotto quest’anno in occasione dell’ottava Settimana del Benessere Sessuale, a un anno di distanza da un questionario simile sul tema. Il questionario di 33 domande è stato svolto attraverso i canali Facebook e Twitter e il sito della Federazione (www.fissonline.it) da giugno a settembre 2021. I dati sono stati elaborati tramite la piattaforma Survey Monkey. Su 302 partecipanti, 244 hanno dichiarato di essere femmine, 56 maschi e due altro. Il 4,3% si è detto disoccupato mentre fra gli occupati, il 32% appartiene al settore impiegatizio. La maggior parte dei partecipanti si dichiara eterosessuale (93,38%), frequenta stabilmente un partner (29,14%) anche se c’è chi dichiara di vivere una condizione di poliamore (1,29%). Il 31,14% si è detto «molto attento» ad osservare le limitazioni anti Covid-19. I partecipanti hanno vissuto prevalentemente in zona arancione (48,25%), rossa (36,4%) e gialla (15,35%).
«In fondo i dati raccolti risultano essere in armonia con una certa sicurezza acquisita dalle persone, secondaria a strategie di protezione adottate e alla campagna vaccinale; infatti i dati relativi ai vari aspetti della sessualità risultano in un certo modo «migliori» rispetto ai quelli ottenuti con un sondaggio simile diffuso 12 mesi prima. Insomma, superata la fase acuta, sembrerebbe che l’individuo abbia modificato i propri comportamenti sessuali adattandoli alle proprie esigenze, pur agendo una sessualità in protezione», spiega il professor Salvo Caruso, presidente della FISS, ginecologo e associato dell’Università di Catania.
Ma veniamo ai risultati nel dettaglio. La maggior parte delle persone che ha risposto al questionario ha dichiarato di non avere avuto timore per la propria salute sessuale anche in pieno lockdown e solo il 9,3% ha indicato un grado di preoccupazione «molto alto» quando era in zona rossa. Pure l’alternanza dei colori non ha inferto contraccolpi sulla sessualità. I più dichiarano di non aver subito conseguenze, specie in zona gialla, sebbene in zona rossa una buona percentuale (il 21,7%) indichi come «alta» la misura dell’influenza del passaggio di colore. Alla domanda «quanto ritieni il colore della tua regione abbia influenzato il tuo comportamento sessuale?», il campione ha risposto «poco» (32%) e solo il 2,6% ha dichiarato «completamente».
Il desiderio di fare sesso supera le condizioni imposte dalla pandemia: infatti alla affermazione «Sarebbe preferibile evitare di fare sesso» la maggior parte si è detta «pienamente in disaccordo» (66,7%). Il 27,6% ha dichiarato di sperimentare le proprie fantasie sessuali una volta a settimana, circa una volta al giorno il 12,3% mentre il 13,1% dichiara di non averne. E in relazione al colore della propria Regione? La fantasia di fare sesso con qualcuno ha sfiorato «spesso» il 34% delle persone quando erano in zona rossa. Dicono di essersi dedicati in tempo di pandemia alla masturbazione 2 o 3 volte alla settimana il 21,9% e al rapporto vaginale almeno una volta alla settimana il 21%. Quando erano in zona gialla hanno provato desiderio sessuale frequentemente (31,7%), leggermente meno quando in zona rossa (30,9%) e in arancione (30,5%). E anche il grado di desiderio sessuale viene giudicato intenso dai soggetti in zona gialla (27,4%) più che in arancione (25%) o in rossa (23%). La maggior parte non ha ridotto i baci quando in zona rossa (50%) e il 13% li ha banditi completamente. Soltanto il 5% pensa che l’alternanza dei colori abbia modificato «molto» la propria attività sessuale anche se il 23% ha dichiarato che un po’ di cambiamenti ci sono stati.
Sul fronte anticoncezionale, il 58,3% attualmente non usa alcun contraccettivo, mentre per gli altri, la preferenza va soprattutto al preservativo (24,5%) e a seguire alla pillola (8,7%). In zona rossa, solo il 3,5% ha avuto difficoltà a trovare o usare il contraccettivo abituale. Le motivazioni della percentuale di non uso sono per lo più dovute: alla interruzione dei rapporti sessuali (26,6%), allo stare da soli (20,21%) o al perché il farmacista non dispensa senza ricetta medica (6,4%).
«Sono dati più ottimistici rispetto ai primi usciti nella letteratura internazionale, fanno pensare ad una ripresa della sessualità anche come momento di conforto rispetto a quello che abbiamo passato e di ritrovato piacere del contatto fisico, come sappiamo la sessualità è parte integrante del benessere generale ed è importante prendersene cura» conclude la dottoressa Roberta Rossi, psicosessuologa e past president della FISS.