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Il gioco giusto? In base all’età

La parola agli esperti

Sanihelp.it – Giocare è una cosa seria. In ogni fase dell’infanzia non è solo svago e divertimento, ma un modo di conoscere il mondo attraverso il corpo, i sensi, l’intelletto. Con l’attività ludica il cervello del bambino si evolve e accresce la propria complessità. Per questo è necessario proporre il gioco giusto all’età giusta


Secondo gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, il gioco del bambino appena nato passa attraverso il contatto con il corpo dei genitori. Questa forma di relazione favorisce la regolazione delle funzioni vitali, la riduzione dello stress, la comunicazione istintuale con mamma e papà, lo sviluppo cognitivo e le capacità motorie. Dopo i primi mesi di vita, gli adulti possono diventare la palestra su cui far giocare il bambino. Arrampicandosi, spingendosi e rotolandosi sul corpo del genitore apprenderà progressivamente nuove capacità di movimento come la posizione seduta, il gattonamento, il porsi in piedi da solo.

Dopo i 4-6 mesi i giochi possono essere dedicati anche allo stimolo della sensorialità. In questo periodo gli oggetti della vita quotidiana sono i più interessanti. I bambino tocca, osserva, annusa, ascolta, assaggia. Attraverso la manipolazione e il contatto impara a conoscere se stesso e il mondo che lo circonda. È il periodo giusto per preparare il cesto dei tesori: un contenitore di stoffa o vimini da riempire con oggetti di materiali, forme e colori diversi.

Dai 2 anni di vita il gioco si trasforma e i bambini cominciano a fare finta di: è il gioco simbolico, esperienza fondamentale per lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo. Il bambino esplora il mondo della fantasia, si confronta con un numero infinito di situazioni, avventure, sfide e, in questo modo, allarga il suo campo di azione. Il gioco simbolico si sviluppa partendo dal gioco imitativo: tra i 12 e i 18 mesi i bambini iniziano a imitare piccole azioni che vedono intorno a loro (cullare, dare da mangiare, dormire, bere).

Dai 2 anni passano al cosiddetto gioco parallelo: spesso in presenza di altri bambini ma senza una reale collaborazione, cominciano a creare piccole storie. Dai 3 anni in poi le trame del gioco diventano sempre più lunghe e complesse. I bambini amano travestirsi e diventare i protagonisti delle loro storie, oppure iniziano a utilizzare pupazzi o personaggi per metterle in scena. In questo periodo giocano a lungo da soli o con altri bambini, creando delle vere relazioni.

La lettura riveste un ruolo fondamentale in ogni epoca dell’infanzia. Il neonato è attratto dal ritmo della voce del genitore e la musicalità di una storia letta ad alta voce è capace di incantare anche i più piccoli, fin dalla nascita. Accoccolarsi insieme e leggere rafforza il legame tra genitori e figli. Inoltre, un bambino abituato quotidianamente all’ascolto di letture svilupperà più facilmente il linguaggio, sarà più curioso, avrà voglia di imparare a leggere e avrà migliori tempi di attenzione perché abituato ad ascoltare. Come spiega la neuroscienziata Maryanne Wolf, questa attività è una delle basi più importanti per lo sviluppo del linguaggio orale e, successivamente, per l'apprendimento della lettura ed è più efficace rispetto alla visione di una storia animata su un dispositivo digitale o dell’ascolto di una versione audio.

Alcune ricerche scientifiche evidenziano infine che l’uso di videogame e soprattutto di giochi di azione può migliorare le capacità di attenzione ed elaborazione visiva, la memoria di lavoro spaziale e visiva, con possibili benefici su particolari condizioni come la dislessia. Inoltre, alcuni strumenti digitali possono essere utilizzati per espandere le abilità Stem dei bambini, quelle relative alle aree della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica. Contemporaneamente, gli studi confermano che un uso eccessivo di strumenti elettronici può indurre vere e proprie forme di dipendenza, con possibili comportamenti da astinenza se il bambino ne viene privato.


L’impatto sullo sviluppo cognitivo è influenzato dall’età del bambino, dalla quantità di tempo dedicato, dal contenuto del gioco e dal contesto sociale. Dunque, sebbene tali strumenti non debbano essere demonizzati, è consigliabile proporli con prudenza: non prima dei 6 anni, per non più di 30-60 minuti al giorno e sempre sotto il controllo diretto dei genitori.

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