Sanihelp.it – «Un figlio è meglio farlo con un marito ed è meglio dare a un bambino una famiglia, anche omogenitoriale, anche se io sono per la famiglia tradizionale» è questa la premessa con cui Carmen Consoli ha cominciato a raccontare, in una intervista al settimanale 7 del Corriere della Sera, la sua scelta di diventare mamma single del piccolo Carlo Giuseppe, che ha compiuto 6 anni lo scorso 10 luglio e vive con mamma e nonna.
Una scelta maturata alle soglie dei quarant’anni: «Ero single, a 38 anni, un’età biologica avanzata, mi trovavo sola con mia madre, dopo la morte di papà; a Natale, alle Maldive con lei, pensavo alle case, le terre ereditate: eravamo sole, va allargata la famiglia, penso» ha raccontato.
Non si è messa alla ricerca di un uomo, anche se non sarebbe stato difficile trovarlo: « Non volevo illudere nessuno, né dare a mio figlio una famiglia che si sarebbe sfasciata». Così ha optato per la maternità da single, facendo ricorso alla fecondazione assistita, non prima di essersi informata: «ho letto studi su ragazzi ormai maggiorenni nati con la fecondazione assistita da genitori single: con il giusto amore, e i punti di riferimento, crescono come ragazzi di famiglie etero cosiddette normali». È quindi volata a Londra, scelta ancora una volta ponderata, perché li è possibile ricorrere alla fecondazione assistita con un donatore non anonimo: «Carlo potrà sapere chi è il padre, se vorrà».
A eventuali accuse di aver fatto una scelta egoistica risponde: «Ma se hai un figlio non ci penseresti due volte a dare la tua vita! Non so quanto possa essere egoista una madre. Quindi: dare la vita non ha niente a che fare con l’egoismo. Non esisti più, vivi solo per lui. Devi saperlo», raccontando anche parte del percorso che una madre deve seguire in Inghilterra per accedere alla fecondazione artificiale: «Il governo ti mette uno psichiatra che stabilisce se tu, madre single o in coppia etero o omo, sei idonea. Ti chiedono se lo fai come antidoto alla solitudine, se è compatibile con il tuo lavoro… Non vanno bene le donne troppo in carriera. Anche fare l’artista li frenava, con me, a chi lo lasci? Ma poi hanno capito che avevo persone fidate come punti di riferimento e non volevo fare una copia di me, non era narcisismo».