Sanihelp.it – «Da sei mesi la mia vita e quella della mia famiglia sono state letteralmente sconvolte dalla malattia di nostro figlio più piccolo. Ad Alessandro è stato diagnosticato il diabete di tipo 1, che è una malattia autoimmune, cronica e degenerativa e che anche se non si vede, può avere delle conseguenze gravissime. Siamo costretti costantemente a tenere monitorata la sua glicemia e fare l’iniezione di insulina più volte al giorno, tutti i giorni». Comincia così il video, realizzato per la Fondazione Italiana Diabete, che lo scorso 2 marzo Massimo Ambrosini, ex calciatore e attualmente dirigente sportivo e commentatore televisivo, ha pubblicato sul proprio profilo Instagram.
Nel diabete di tipo 1 le cellule beta del pancreas, che producono insulina (l’ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue), vengono distrutte dal sistema naturale di difesa dell’organismo, che le non le riconosce come proprie. Chi ne soffre è quindi costretto a quotidiane iniezioni di insulina per sopperire a quella non prodotta dall’organismo, a giornalieri controlli dei livelli di glicemia e a un’attenta alimentazione, per non incorrere nel rischio complicanze acute, cioè l’ipoglicemia (calo eccessivo di zuccheri nel sangue per eccesso di insulina iniettata) e la chetoacidosi (scompenso del metabolismo degli zuccheri derivante dalla prolungata mancanza di insulina)che possono mettere a rischio la vita. Sono, inoltre, necessari controlli periodici per controllare il rischio di complicanze croniche.
Le iniezioni di insulina eliminano i sintomi, ma non curano in maniera definitiva la malattia e l’ex centrocampista del Milan che oltre ad Alessandro di tre anni, ha avuto con la moglie Paola altri due figli, Federico e Angelica, lo sa bene: «Al momento il diabete di tipo 1 è una malattia incurabile, ma c'è una speranza e questa speranza passa solo ed esclusivamente attraverso la ricerca scientifica. Io, mia moglie e tutti i parenti delle 200 mila persone fra adulti e bambini, che hanno questa malattia, abbiamo la necessità e la volontà di sapere che prima o poi si arriverà ad una cura definitiva».
Ha quindi deciso di fare la sua parte per sostenere la ricerca, attraverso ciò che conosce meglio, lo sport, e il prossimo 2 aprile parteciperà alla Milano City Marathon, invitando quanti lo seguono a sostenerlo concretamente: «Ho deciso per questo di correre la maratona di Milano insieme a qualche mio ex compagno di squadra, per sostenere la Fondazione Italiana Diabete. Vai sulla Rete del dono e sostieni la nostra staffetta che si chiama Born to run. Insieme, ragazzi, possiamo e dobbiamo trovare una cura per questa malattia». Al momento ha già raccolto oltre 30 mila euro.