Grazie al contributo della LICE (Lega Italiana Contro l'Epilessia) proviamo a scoprire cosa comporta l'epilessia nei bambini e negli adolescenti. Il bambino con epilessia ha spesso problemi di inserimento in ambito scolastico che per lo più derivano (almeno nelle forme meno gravi) dall'approccio che i genitori, gli insegnanti e i compagni sviluppano nei confronti di questa malattia. Ii frequente atteggiamento di iperprotezione che i genitori assumono nei confronti del figlio può sfociare in due direzioni: nel nascondere il disturbo anche agli insegnanti o nel parlarne troppo. Gli insegnanti a loro volta sono poco preparati sulla malattia e spesso tendono a drammatizzare, accrescendo il pregiudizio e contribuendo, anche involontariamente, a emarginare il bambino. La paura fondamentale consiste nel non sapere cosa fare se succede una crisi epilettica in classe.
I compagni possono con facilità utilizzare informazioni distorte per scherzare sulla malattia, con ripercussioni psicologiche negative sul bambino stesso, che già di per se ha ridotti livelli di autostima sentendosi malato ma non riuscendo a capire come e perchè.
Per facilitare l’inserimento scolastico del bambino con epilessia sono fondamentali gli interventi educativi e formativi che devono coinvolgere i genitori e gli insegnanti da un lato e il bambino e i suoi compagni dall'altro.
L’epilessia di per sé quindi, almeno quando non è grave, non incide significativamente sulle capacità di apprendimento, mentre le eventuali interferenze negative dipendono prevalentemente da un contesto discriminante. I farmaci antiepilettici invece si ripercuotono sull'apprendimento dei bambini, alcuni più di altri inducono disturbi cognitivi.
Nell’adolescente l’accettazione dell’epilessia è ancora più difficile, la malattia si colloca in un'età in cui le difficoltà del rapporto con il sè sono molteplici. Il ragazzo spesso non si piace e le crisi epilettiche sono viste come un’ulteriore disgrazia, che va ad aggravare una preesistente visione pessimistica riguardo al futuro: è questa un’età di transizione in cui c’è ancora più bisogno di un sostegno psicologico.