Sanihelp.it – «Chi non capisce la sua scrittura, è un asino di natura»: quante volte ce lo siamo sentiti dire, mentre frequentavamo le scuole elementari, o anche le medie. Ma il proverbio vale anche quando la persona che non riesce a codificare la propria calligrafia è un membro di spicco della società, come un medico? La scrittura dei dottori è proverbialmente pessima, tanto che spesso la difficoltà di leggerne le indicazioni può dar luogo ad autentici, drammatici qui pro quo: ma quando si parla della propria salute, gli equivoci dovrebbero essere ridotti al minimo e l'improvvisazione stare a zero, pena assumere medicinali inutili e dannosi, e non assumere i farmaci che potrebbero farci stare meglio.
Per ovviare a questo problema, la Regione Lazio ha presentato durante il convegno «Paziente sicuro in ospedale» le sue nuove linee guida per la gestione del rischio clinico, che prevedono che il dottore debba scrivere in stampatello, onde evitare tragici errori sanitari. Si calcola infatti che, su un totale di 8 milioni di ricoveri, circa 320 mila pazienti vengono curati in maniera non adeguata proprio per malintesi e sbagli di trascrizione dovuti alla pessima calligrafia di chi dovrebbe prescrivere le terapie: con questo accorgimento, si calcola che verranno evitati circa l'84% di questi equivoci.
Sembrerebbe un accortezza da poco, banale, ma in verità secondo il presidente dell'Associazione Salute e Società Onlus Alessandro Boccanelli, anche co-presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica, questi qui pro quo portano circa una persona su due a temere per la propria vita. Intervenuto anch'egli nel corso del convegno, Boccanelli ha aggiunto che circa il 26% degli errori di somministrazione ed il 14% degli errori di distribuzione sono proprio dovuti alla pessima calligrafia con cui le prescrizioni e le cartelle cliniche vengono stilate: dunque, il passaggio obbligatorio allo stampatello dovrebbe ovviare a questo problema.