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Gli effetti devastanti del bullismo sulla psiche del bambino

Sanihelp.it – «I bulli sono molto abili a manipolare la situazione ed a far credere che l'episodio sia stato solo un gioco. Il bullismo però non è un gioco, bensì un comportamento capace di lasciare profonde ferite in chi lo subisce». Così Alessia Filippi, autrice del libro «Il bullismo scolastico», fotografa un fenomeno che probabilmente esiste da sempre, ma che tuttavia ha assunto una portata enorme grazie all'accesso pressoché illimitato che oggigiorno i ragazzi possiedono alla piattaforma web, permettendo loro di documentare e rendere pubbliche malefatte ai danni dei compagni meno inseriti. I danni psicologici che questi episodi possono procurare sono enormi, come affermato in uno studio recente comparso sulla rivista specializzata Lancet Psychiatry, a cura dei ricercatori dell'Università di Warwick.


Secondo l'analisi degli esperti britannici, infatti, gli atti di bullismo comportano una probabilità di insorgenza di condizioni mentali nel corso della vita di chi li ha subiti di circa cinque volte maggiore rispetto ai maltrattamenti domestici operati da adulti, quali violenza o negligenza. Tra i problemi emersi si possono citare ansia, depressione ed episodi di autolesionismo. Dunque, secondo gli autori dello studio, è giunto il momento di prendere molto sul serio il fenomeno del bullismo: solitamente, per quel che concerne i diritti dei più piccoli, ci si concentra su maltrattamenti da parte di adulti, considerando come maltrattamento qualsiasi vessazione fisica o psicologica, dall'abuso al disinteresse. Tuttavia, è stato dimostrato come gli atti violenti da parte dei coetanei siano da considerarsi altrettanto gravi, arrivando a ripercuotersi sulla salute mentale di chi li subisce in maniera molto più profonda delle angherie delle persone più grandi.

Lo studio è stato condotto su più di 5 mila ragazzi britannici e statunitensi, che partecipavano a due ricerche longitudinali differenti. Lungo l'arco della sperimentazione del Regno Unito, rispettivamente al compimento dell'ottavo, del decimo e del tredicesimo anno d'età, veniva chiesto sia ai soggetti che ai genitori se i bambini fossero stati sottoposti a violenze fisiche o psicologiche; mentre l'analisi americana registrava maltrattamenti e atti di bullismo tra i 9 e i 16 anni d'età, per poi verificare se esistessero tendenze autolesioniste e suicide una volta maggiorenni. Lo studio ha evidenziato come tali condizioni fossero più frequenti tra le vittime di bullismo, rispetto a coloro i quali avevano subito maltrattamenti. Si tratta di una scoperta di portata piuttosto notevole, se consideriamo il fatto che le stime parlando di circa un bambino su tre soggetto ad episodi di bullismo nel mondo: dunque, è vitale che le scuole, i servizi sanitari, i governi e altre agenzie interessate cooperino affinché anche questo fenomeno possa trovare una soluzione.

Non sono mancate le critiche all'approccio dell'Università di Warwick: secondo alcuni ricercatori dell'Università del New Hampshire, il risultato potrebbe essere impreciso. Il fatto che gli episodi di bullismo si siano verificati in età più avanzata, maggiormente vicina alla maggiore età, potrebbe aver portato i ricercatori a sovrastimarne le ripercussioni, sottovalutando allo stesso tempo gli effetti di maltrattamenti avvenuti magari precedentemente. Un altro giudizio negativo arriva dalla dottoressa Jennifer Wild, professoressa di psicologia sperimentale dell'Università di Oxford, che spiega come sarebbe stato utile indagare anche le motivazioni per cui il bullismo causi problemi mentali. Tuttavia, tutta la comunità scientifica si è dimostrata d'accordo nel giudicare come importanti i risultati della sperimentazione dell'Università di Warwick per giungere finalmente all'adozione del pugno di ferro contro questo fenomeno, che richiede tolleranza zero proprio per le gravi conseguenze che porta con sé. 

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