Sanihelp.it – L'amniocentesi è quell'esame che, tramite il prelievo di liquido amniotico dalla cavità uterina, riesce a produrre una diagnosi prenatale, volta a fornire una valutazione della salute del feto per quel che concerne patologie cromosomiche e genetiche tra cui sindrome di Down, a cui si sono aggiunti recentemente studi per rilevare la presenza di altre malattie quali distrofia muscolare e ritardo mentale da X-fragile. Era opinione comune che questa procedura potesse aumentare il rischio di aborto fino all'1% delle madri che vi si sottoponevano: ma studi recenti hanno dimostrato come invece tale percentuale sia notevolmente più bassa, correlata più che altro alla perizia di chi l'amniocentesi la esegue.
Ultimamente i ricercatori della società scientifica Italian College of Fetal Maternal Medicine hanno pubblicato uno studio sulla rivista Journal of Prenatal Medicine, annunciando il concepimento di una nuova tecnica di diagnosi fetale denominata «Next Generation Prenatal Diagnosis». Sostanzialmente si tratta di una specie di una «super-amniocentesi»: se l'esame tradizionale, infatti, riusciva a prevedere circa il 7% delle malattie genetiche, questa nuova tecnica permetterà di alzare la percentuale addirittura fino all'80%.
Il risultato in questione, secondo i ricercatori, diverrà possibile grazie all'applicazione del sequenziamento rapido del DNA, tecnica finora impiegata solo sugli adulti, alla diagnosi prenatale. Questo permetterà non solo di analizzare il numero di cromosomi di un feto, ma anche la loro intima struttura: una sorta di controllo di qualità, che consentirà di passare in rassegna non solo le patologie cromosomiche più comuni, ma anche centinaia di anomalie maggiormente rare quali cardiopatie, malattie cerebrali, ritardi mentali, nanismo, autismo.