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I turni di notte danneggiano e invecchiano il cervello

Sanihelp.it – La crisi economica ci fa vivere in una sorta di angosciante limbo, per cui chi non ha lavoro si affanna spesso inutilmente per cercare una mansione adatta alla propria preparazione e caratteristiche, mentre chi al contrario ce l'ha è sottoposto all'ansia di mantenere il posto a dispetto d'una concorrenza sempre più numerosa e spietata. La logica conseguenza è quella di accettare orari massacranti pur di evitare l'incubo della disoccupazione, e tutte le ripercussioni che questa condizione porta con sé in termini economici e di stile di vita.


Ciò nonostante esiste anche il contraccolpo, probabilmente meno visibile ma ben più preoccupante, che i turni di lavoro estenuanti producono sul nostro organismo, in particolar modo sul cervello. Infatti, secondo uno studio condotto dall'Università di Swansea, in collaborazione con l'Università di Tolosa, pubblicato sulla rivista Occupational and Environmental Medicine, i turni di notte producono un invecchiamento precoce notevole.

Gli scienziati che hanno concepito la sperimentazione hanno sottoposto tremila volontari a test di abilità cognitiva, di memoria, di velocità di pensiero: il risultato ha evidenziato come il cervello di coloro i quali erano sottoposti ad alterazione del ciclo sonno/veglia a causa di impegni lavorativi per più di dieci anni presentava una capacità paragonabile a quella di un individuo in media più anziano di 6 anni e mezzo.

L'esito di questo studio suggerisce che chi è soggetto a turni di lavoro anche notturni dovrebbe avere una maggiore consapevolezza dei rischi correlati a questa condizione e sottoporsi periodicamente a controlli approfonditi. Quella franco-gallese, infatti, non è certo l'unica sperimentazione ad evidenziare quanto possa essere dannosa la mancanza di sonno: una ricerca di un paio di anni fa aveva calcolato come chi lavora di notte possiede il 41% di probabilità in più di sviluppare patologie cardiovascolari rispetto alle normali occupazioni; inoltre, un'ulteriore analisi aveva calcolato come la prolungata insonnia portasse alla morte del 25% delle cellule di determinate aree cerebrali.

Ma non ci sono solo brutte notizie: i danni che producono i turni di notte sono infatti reversibili, a patto di sottoporsi ad orari diurni per qualcosa come cinque anni consecutivi. A quel punto, il cervello è capace di riallinearsi alla propria età biologica. Tale capacità rigenerativa potrebbe aprire nuovi studi riguardanti la terapia della demenza, che produce tra i suoi effetti collaterali una anomalia del ciclo sonno/veglia in chi ne soffre.  

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