Sanihelp.it – Già da qualche tempo hanno fatto il loro ingresso sul mercato le sigarette elettroniche, dispositivo nato per fornire un'alternativa maggiormente salutare a fumatori e tabagisti rispetto alle sigarette normali. Per la verità, essendo un prodotto relativamente recente, non esistono grandi studi in merito alla sua tossicità: d'altro canto sembra intuitivo che, mancando tutte quelle sostanze dannose che si sprigionano attraverso la combustione, principali responsabili dell'azione cancerogena della sigaretta, la e-cig possa risultare meno dannosa. Opinione suffragata anche di recente dalle dichiarazioni rilasciate dalla Public Health England, secondo cui la sigaretta elettronica è sicura al 95% e dovrebbe essere prescritta dal National Health Service per tutti i tabagisti.
Tuttavia, un articolo comparso in questi giorni sulla rivista specializzata The Lancet proietta un'ombra piuttosto inquietante riguardo l'idea sopra espressa: l'analisi della PHE arriverebbe da analisi condotte nel corso del 2014 da esperti stipendiati direttamente dalle industrie delle sigarette elettroniche, i cui dati ottenuti risulterebbero dunque in evidente conflitto di interessi. Ciò significa che esisterebbe più di un dubbio riguardo l'attendibilità dei risultati di queste sperimentazioni, cosa particolarmente grave soprattutto alla luce di chi si è reso portatore di tali controverse conclusioni. La Public Health England, infatti, è nata nel 2011 con l'esplicito scopo di proteggere la salute della nazione e ridurre le disuguaglianze in materia di welfare.
Nel comunicato stampa dell'agenzia britannica si legge come sia consigliato passare alle e-cig rispetto alle sigarette normali, in quanto secondo studi attendibili queste ultime rivelavano una percentuale di tossicità pari al 99.6%, mentre la loro versione elettronica si attestava intorno al 4%. Una differenza sostanziale, che però secondo il Lancet sarebbe stata calcolata con metodi tutt'altro che disinteressati: la sperimentazione in questione, infatti, sarebbe stata pubblicata sulla rivista specializzata European Addiction Research, e condotta da undici autori di cui almeno tre a libro paga delle industrie delle sigarette elettroniche quali consiglieri e esperti in materia.
Un'altra cosa singolare della faccenda è che persino i ricercatori in questione, nel loro studio, si sono definiti non sicuri delle conclusioni che stavano presentando, in quanto mancavano prove evidenti che suffragassero questa teoria: tuttavia, nel report della PHE non vengono menzionati né il potenziale conflitto d'interessi, né l'incertezza intorno ai risultati della sperimentazione, né la debolezza metodologica dell'analisi, ammessa dagli stessi autori. Tutte questioni che sollevano dubbi, secondo il Lancet, riguardo la serietà e la precisione con cui la PHE lavora. Ciò che occorre evidenziare, si legge nell'articolo, non è tanto il fatto che questi prodotti siano quasi privi di rischio, quanto il fatto che un rischio connesso al loro utilizzo esiste, e che dovrebbero essere impiegate solo e soltanto in maniera propedeutica allo smettere di fumare.