Sanihelp.it – La lotta di classe, in Marx, è un po' il motore della storia: si tratta del conflitto tra chi detiene i mezzi di produzione e la forza lavoro, che utilizza i mezzi di produzione per concepire beni da immettere sul mercato. Per sovvertire il dominio della prima categoria sulla seconda occorre la coscienza di classe, ovvero sia la presa di consapevolezza da parte dei proletari di tale sfruttamento.
Sovente si usa dire: «l'importante è la salute». E anche: «i soldi non fanno la felicità». Tali proverbi vengono utilizzati precipuamente come consolazione: d'altronde cosa farsene del denaro quando non si è in condizioni fisiche per goderselo. Tuttavia, secondo uno studio dell'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e delle malattie della povertà (INMP), avere più soldi permette un'aspettativa di vita maggiore, cosa che di fatto annulla l'effetti dei detti sopra citati.
Secondo la ricerca presentata durante questi giorni a Roma, gli operai vivono in media 5 anni in meno rispetto ai dirigenti: cosa che probabilmente significa, con buona pace del filosofo Marx, che la lotta di classe la sta vincendo ancora chi detiene i mezzi di produzione. Infatti la prospettiva di longevità aumenta mano a mano che si sale lungo la scala sociale. Dunque è proprio il caso di dirlo: se i soldi non danno la felicità, figuriamoci la miseria!
La povertà, infatti, rappresenta una minaccia per la salute. Secondo le stime in tutta Europa la tendenza è questa: e se si potessero cancellare le disuguaglianze, la statistica racconta di un risparmio in termini di decessi del 25% per quel che concerne gli uomini, e il 10% per ciò che riguarda le donne.
Alcuni dati ulteriori presentati dall'INMP hanno rivelato anche l'incidenza dell'educazione sull'aspettativa di vita. Rispetto ad un laureato, un individuo che consegue il diploma di maturità presenta un tasso di mortalità maggiore del 16%; chi si ferma alla terza media del 46%; chi non supera le elementari del 78%. Il vaccino? Combattere le disuguaglianze, un fenomeno secondo l'INMP dannoso per la salute, e per giunta evitabile ed inefficiente che pone un freno allo sviluppo sociale ed economico: si calcola infatti che abbia un impatto negativo sul Prodotto Interno Lordo del 10%. Occorrono dunque politiche a livello sociale, e non solo sanitario.