Sanihelp.it – In Italia le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte, incidendo per il 34,8% sul totale dei decessi (31,7% nei maschi e 37,7% nelle femmine). L’ultima rilevazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità posiziona l’Italia come paese a rischio moderato per le patologie cardiovascolari ischemiche. Parlare di prevenzione diventa più che mai fondamentale per incidere sui fattori di rischio, tra i quali il livello di colesterolo LDL (colesterolo cattivo) ricopre un ruolo da protagonista.
«La sfida della prevenzione primaria è quella di ridurre i livelli di colesterolo LDL nella popolazione a basso rischio o a rischio intermedio, asintomatici» afferma il professor Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università »Federico II» di Napoli e Presidente della Società Italiana di Cardiologia. «Evidenze scientifiche dimostrano che raggiungere questo obiettivo permette di prevenire un numero assoluto di eventi cardiovascolari maggiore rispetto a coloro che si trovano nella fascia a rischio alto o elevato già in terapia farmacologica ipocolesterolemizzante».
«Le linee guida internazionali 2019 ESC/EAS dedicano molta attenzione al tema della prevenzione primaria soprattutto nei soggetti asintomatici che possono avere difficoltà a percepire la necessità di correggere i possibili fattori di rischio. Le raccomandazioni che ci arrivano evidenziano la necessità di modificare i propri stili di vita ma non solo, sottolineano anche il ruolo che le sostanze nutraceutiche possono ricoprire» precisa l’esperto,
Lo stile di vita è centrale per valutare il rischio cardiovascolare; alimentazione corretta e movimento (30/40 minuti di attività aerobica al giorno) fanno la prima fondamentale differenza per preservare la salute e proteggere il cuore, ma è altrettanto importante comprendere quando i valori di LDL rappresentano un campanello d’allarme.
«Negli ultimi anni, pur rimanendo i valori di LDL indicati nelle linee guida il punto di riferimento per individuare le strategie correttive (terapeutiche e non) da intraprendere, assistiamo a un cambio di paradigma» continua Perrone Filardi. «Si potrebbe affermare che non esiste un valore normale di LDL, ma esiste un valore commisurato al rischio cardiovascolare che si può individuare rilevando i parametri di riferimento oltre il colesterolo (pressione, peso, presenza di altre patologie, abitudine al fumo e fattori ambientali). Una valutazione personalizzata che rende la prevenzione primaria ancora più strategica».
Quando la dieta e l’attività fisica non riescono a incidere in modo risolutivo e non si è ancora in una situazione che richiede l’impiego di terapie farmacologiche (quindi con un rischio cardiovascolare lieve/moderato), il ricorso ai nutraceutici può aiutare ad abbassare i livelli di LDL.
«Nel considerare l’impiego dei nutraceutici per abbassare i livelli di colesterolo tra gli aspetti fondamentali da tenere in considerazione c’è la sicurezza» afferma il professor Giuseppe Derosa dell’Università di Pavia e della Fondazione IRCSS Policlinico San Matteo di Pavia e Responsabile dell’area Diabete della Società Italiana di Nutraceutica. «La sicurezza è data in parte dalla storia scientifica di impiego dei componenti nelle concentrazioni indicate dalle normative e infine dallo studio della formula di utilizzo. L’Italia ha una lunga tradizione di eccellenza in questo campo».
«Oggi sappiamo dalla clinica che ci sono diversi componenti attivi sicuri ed efficaci sulla riduzione del colesterolo; a questo riguardo uno studio in corso e che verrà ultimato nei prossimi mesi con una formula a base di berberina, fitosterolo, olea europea, carciofo e fieno greco sta portando a risultati significativi dopo un solo mese di trattamento a conferma di come una strategia di intervento attento su una popolazione a basso rischio possa incidere sul rischio cardiovascolare» conclude Derosa.
«Se volessimo indicare le 5 regole fondamentali da seguire nella scelta corretta potremmo indicare sicuramente: 1) indagare i livelli di LDL, 2) valutare la presenza di altre patologie, 3) comprendere se lo stile di vita che si sta seguendo è corretto o deve essere modificato, 4) analizzare ulteriori fattori di rischio modificabili, 5) considerare il nutraceutico più indicato in base alle esigenze e alle evidenze disponibili» conclude Perrone Filardi. «Per questo motivo il medico, in prima linea nel promuovere la cultura della prevenzione, rimane il referente principale a cui rivolgersi in collaborazione virtuosa con il farmacista di riferimento».