Sanihelp.it – «Io penso che molti di voi ricorderanno che nelle precedenti edizioni noi abbiamo, senza enfasi ma con molto entusiasmo, raccontato come la mortalità per cancro stia diminuendo. Questa diminuzione, dopo tanti secoli di continuo aumento progressivo, è improvvisamente cominciata negli anni Novanta, e continua ancora adesso. E i dati di quest’anno sul 2012 in effetti dimostrano che la tendenza continua nella stessa direzione».
Asciutto e diretto l’intervento con cui Umberto Veronesi, Direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha partecipato alla Giornata Nazionale di Ricerca sul Cancro tenutasi lunedì 11 novembre presso il Quirinale.
Gli Anni ’90 infatti sono stati un anno cruciale per la lotta contro i tumori, soprattutto grazie a un grande progetto internazionale lanciato nel 1985 e ideato dallo stesso Veronesi, titolato Europe against Cancer, Europa contro il cancro. Il progetto, conclusosi nel 2000, si era posto l’ambizioso obiettivo di ribaltare l’ottica di strategia con cui combattere il tumore, ovvero proporre la prevenzione come strumento per diminuire drasticamente le probabilità di insorgenza della malattia.
«All’inizio del secolo scorso nessuno guariva dal tumore. A metà del secolo eravamo al 30%. Abbiamo concluso il secolo con il 50% e oggi siamo al 60-62%. Andiamo verso la direzione giusta, verso quella che potrebbe essere la sconfitta del cancro, almeno a livello terapeutico».
Un’eccellente notizia questa, che si accompagna ad un auspicabile 70% di persone guarite a cui il dottor Veronesi prevede di arrivare a fine decennio, nella prospettiva di un traguardo con mortalità zero dove sia possibile curare tutti i pazienti con tumore.
Infatti, mentre per tumori come quelli al seno, all’utero, alla prostata e alla tiroide, sono stati raggiunti dei livelli di cura elevatissimi con percentuali di guarigione tra il 90 ed il 95%, ci sono ancora tumori molto difficili da curare, primi tra tutti quelli cerebrali e al pancreas.
E se è vero che le possibilità di cura aumenteranno, bisogna anche prendere in considerazione il quadro demografico a cui si andrà incontro nei prossimi anni, quando ci si ammalerà di più e si morirà di meno: nella previsione di un allungamento della vita media infatti, si andrà incontro ad un importante rischio di insorgenza del cancro, dal momento che la maggior parte dei tumori colpisce nel corso della seconda metà della vita.
«Cinquant’anni anni fa una persona su venti si ammalava di tumore nel corso della propria vita, oggi siamo quasi a una persona su due», un aumento di frequenza della malattia dovuta soprattutto all’innalzamento dell’aspettativa di vita: «oggi in Italia si vive mediamente 82 anni, e come media è uno dei paesi più longevi del mondo. Ma andremo ancora molto più in là: un bambino che nasce oggi vivrà quasi 100 anni».
Insomma una prospettiva a cui prepararsi consapevolmente fin da subito, e a cui Veronesi contrappone già un piano suddiviso in tre diverse azioni:
– ridurre al minimo i cancerogeni nell’ambiente: il cancro infatti è una malattia ambientale, dal momento che sono proprio i cancerogeni a danneggiare il DNA. Se tanto è già stato fatto con il controllo di alcuni cancerogeni come le amine aromatiche (prodotti derivati dall’ammoniaca) e l’amianto, responsabili rispettivamente dei tumori vescicali e alla pleura, moltissimo rimane ancora da fare per il trattamento di cancerogeni quali le aflatossine (micro tossine prodotte da funghi e muffe), le polveri sottili, il radon e i pesticidi.
– migliorare il proprio stile di vita: prima di tutto non fumare e in secondo luogo controllare attentamente l’alimentazione. Una buona abitudine da introdurre è inoltre quella di vaccinare i bambini contro i virus oncogeni, ovvero quei virus che interagiscono con il ciclo cellulare o con il DNA originando alcuni tipi di tumore.
– riuscire a scoprire la malattia quando è ancora asintomatica, sottoponendosi a controlli periodici che permettano di individuare e curare sin da subito eventuali anomalie.
«È un programma gigantesco, molto impegnativo, certamente molto articolato, che richiederà la mobilitazione e l’impegno della classe politica, degli organizzatori della salute, dei medici, degli educatori, degli psicologi e dei mezzi di comunicazione di massa, perché bisogna convincere soprattutto la popolazione ad essere partecipi a questo piano».
Se nella cura del tumore sono i medici a essere i diretti responsabili infatti, nella prevenzione i protagonisti sono le persone. Con la speranza di un passaggio che dal welfare state porti alla welfare community, cioè da uno Stato che si preoccupa del benessere dei cittadini, a una comunità in grado di tener sotto controllo la propria salute.