Sanihelp.it – Un’analisi ad interim dello studio di fase 3 TOPAZ-1, pubblicata recentemente su NEJM Evidence, il nuovo giornale digitale del gruppo che fa capo al New England Journal of Medicine, rivela che l’aggiunta alla chemioterapia tradizionale con gemcitabina e cisplatino di durvalumab, un anticorpo monoclonale, migliora significativamente la sopravvivenza globale rispetto alla sola chemioterapia nei pazienti con tumore delle vie biliari avanzato.
Nei pazienti trattati con durvalumab e chemioterapia la sopravvivenza (libera da progressione) a due anni è stata circa del 25%, più del doppio rispetto a quelli trattati con la sola chemioterapia e un placebo.
«I dati dello studio TOPAZ-1 hanno dimostrato un beneficio clinicamente e statisticamente significativo dell'aggiunta di durvalumab alla combinazione chemioterapica cisplatino-gemcitabina rispetto alla sola doppietta cisplatino-gemcitabina», ha dichiarato Antonio Avallone, Direttore della SC di. Oncologia Clinica sperimentale addome dell’IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli.
«Si tratta di un dato importante nel carcinoma delle vie biliari, un setting in cui lo sviluppo di nuove terapie sempre più efficaci riveste un considerevole valore considerando che i pazienti con tale patologia neoplastica hanno solitamente una prognosi molto sfavorevole».
I tumori delle vie biliari sono diversi e comprendono il colangiocarcinoma intraepatico ed extraepatico, il tumore della cistifellea e quello dell’ampolla di Vater, che in genere vengono diagnosticati in uno stadio già avanzato, nel quale la chirurgia non si può più proporre e la prognosi è infausta.
Per quanto riguarda il profilo della sicurezza, l’aggiunta di durvalumab alla chemioterapia non ha comportato un aumento di tossicità.