Sanihelp.it – Il glutine è una componente proteica presente nel frumento e in alcune varietà di cereali come, ad esempio, il farro, l’orzo e la segale; di conseguenza è presente in tutti gli alimenti prodotti con questi tipi di cereali – pane, pasta, pizza, biscotti ecc. – conferendo ad essi adeguate consistenza ed elasticità durante il processo di cottura. Purtroppo, però, molte persone risultano intolleranti al glutine; in costoro l’assunzione di prodotti contenenti questa componente proteica produce un’infiammazione cronica dell’intestino tenute chiamata celiachia. Secondo i dati (2016) prodotti dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono diagnosticate celiache 200 mila persone; si tratterebbe però di un numero decisamente inferiore a quello dei soggetti che ne soffrono senza aver ricevuto una diagnosi che, secondo l’AIC (Associazione Italiana Caliachia), potrebbero essere addirittura tra i 400 e i 600 mila.
Dunque il glutine non è dannoso in sé, eppure sono sempre di più le persone che, pur non essendo affette da alcun disturbo legato a questa componente proteica, seguono una dieta gluten-free. Talvolta ciò avviene semplicemente perché in famiglia vi è un celiaco e manca tempo o voglia per seguire diete diversificate. Molto spesso, però, si tratta di moda; talvolta basata sulla errata convinzione che l’assenza di glutine prevenga malattie cardiovascolari.
In realtà, stando a quanto emerso da un recente studio, pubblicato sul British Medical Journal ed effettuato da un team di ricercatori della Harvard University, esaminando i dati clinici di quasi 100 mila persone risulta che la limitazione del glutine nella dieta determina un basso apporto di cereali integrali, i quali sono noti proprio per favorire il benessere del cuore.
Peraltro, l’auto-imposizione di un’alimentazione gluten-free rende paradossalmente problematica un’eventuale diagnosi della celiachia qualora se ne soffrisse realmente; giacché, in casi come questi, nessun test potrebbe rilevare la malattia e si dovrebbe pertanto procedere a una reintroduzione del complesso proteico nella dieta prima di eseguire l’esame.