Sanihelp.it – FLAMIN-GO, alla lettera fenicottero.
Il suono richiama alla mente la fenice, la mitologica creatura di fuoco in grado di risorgere dalle ceneri della sua stessa distruzione e che Carl Gustav Jung sosteneva avesse in comune con l’uomo l’abilità di rinascere molto più forte dopo un’esperienza traumatica.
Questo è il nome dato al progetto di ricerca europeo, guidato dall’Università del Piemonte Orientale, elaborato con l’intento di sviluppare trattamenti su misura per ogni paziente affetto da Artrite Reumatoide e premiato nel programma Horizon 2020 con un finanziamento di 6 milioni di euro.
L’Artrite Reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che soltanto in Italia colpisce oltre 400.000 persone (in UE circa 2.900.000 pazienti).
È caratterizzata da un’infiammazione cronica della sinovia, ossia della membrana che consente il corretto funzionamento delle articolazioni.
«L’infiammazione – spiega Costantino Pitzalis, docente e direttore di Medicina sperimentale e Reumatologia della Queen Mary University – provoca una crescita incontrollata della sinovia, che si espande fino a distruggere la cartilagine ed erodere il tessuto osseo. Questo provoca dolore e rigidità articolare che, se non trattati, compromettono la qualità di vita del paziente con un danno anatomico ed una disabilità irreversibile. Non esiste inoltre una cura definitiva per l'Artrite Reumatoide. La remissione dei sintomi è più probabile quando il trattamento inizia precocemente con farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD). In caso di fallimento, si passa alle terapie di seconda linea, quelle biologiche (bDMARD), mirate a specifiche vie cellulari e molecolari del sistema immunitario che innescano l'infiammazione e causano danni ad articolazioni e tessuti, ma il costo elevato non si presta a considerarle farmaci di prima scelta rispetto a quelli convenzionali».
L’identificazione del trattamento più efficace per ogni paziente è un bisogno clinico insoddisfatto.
Il ritardo nella definizione della terapia più appropriata comporta che circa il 40% dei pazienti con questa patologia non riesce ad ottenere un miglioramento, con una disabilità significativa e maggiori costi sociali.
Se si aggiunge che il 10-20% dei pazienti non risponde a nessun farmaco in uso, si comprende quanto il quadro della Artrite Reumatoide sia eterogeneo e quanto sia necessario sviluppare e testare nuovi farmaci »su misura» per il singolo paziente.
La medicina di precisione ha, in questo, un potenziale straordinario per migliorare la risposta alle cure.
«FLAMIN-GO – afferma Annalisa Chiocchetti, coordinatore del progetto e docente di Immunologia all’Università del Piemonte Orientale, – è stato pensato appunto con l’intento di aprire una nuova strada verso l’assistenza personalizzata nel trattamento dell’Artrite Reumatoide, fornendo una soluzione organo su chip che consentirà la selezione del miglior farmaco sul mercato per il trattamento di ciascun paziente, oltre a consentire lo sviluppo di nuovi farmaci. Questa soluzione si baserà sulla progettazione e produzione di una piattaforma microfluidica multi-compartimento per la coltura 3D e la perfusione di tutti i tessuti articolari rilevanti per la malattia. Si concentrerà sulla sinovia e sul liquido sinoviale, ma includerà anche il sistema immunitario (vasi sanguigni e leucociti), così come la cartilagine e l'osso che risultano i tessuti più danneggiati. In tutto questo, il Centro per la Ricerca Traslazionale sulle Malattie Autoimmuni ed Allergiche (CAAD) dell’Università del Piemonte Orientale avrà un ruolo importante perché la piattaforma così implementata potrà essere utilizzata per studiare le basi molecolari della malattia di ciascun paziente».