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Mamma ha un tumore: come dirlo ai bimbi?

I consigli in un libro

Sanihelp.it – Filippo ha sette anni, una mamma, un papà, una sorellina più piccola, un cane e una tartaruga. Frequenta la seconda elementare, si trova bene a scuola e ha due migliori amici. Filippo racconta al suo papà cosa accade nelle sue giornate e ogni tanto trascorre i pomeriggi nel negozio di fiori della sua mamma, dove si diverte a vederla alle prese con mazzi di rose. Un giorno però, mentre Filippo è seduto al bancone in negozio ed è intento nei suoi compiti, si accorge che la mamma è strana: non è allegra come sempre con i suoi clienti; forse le è venuto male qualche mazzo di fiori, pensa Filippo. La stessa sera però scorge un abbraccio particolare tra mamma e papà e i suoio genitori gli sembrano tristi. Perché piangi mamma? Inizia così l'intenso dialogo tra un bimbo e la sua mamma che ha scoperto di avere un tumore.


Quella di Filippo potrebbe essere la storia di moltissimi bambini e di tantissimi genitori che si trovano a fare i conti, magari all'improvviso, con una diagnosi di tumore. «Quando il cancro colpisce una persona, a risentirne non è solamente l’individuo stesso, ma l’intero nucleo familiare. Questo è particolarmente vero nel caso di una giovane famiglia, quando ad ammalarsi è la donna, mamma e moglie. Anche se la malattia colpisce direttamente un solo componente, la sua risonanza emotiva sarà avvertita dall’intero sistema, toccando in forma indiretta ogni suo elemento, bambini compresi», spiega la psicologa Beatrice Chiodini, autrice del libro “Mamma voglio che tu stia bene“, presentato nel corso della terza edizione italiana dell’incontro «Paziente diplomata: seminario per donne con e senza tumore al seno» svoltosi il 19 ottobre scorso presso l'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.
 Il dialogo dunque con i propri bambini è importante, sostiene la psicologa: «Molto spesso la paura e il tentativo malriuscito di tutelare i più piccoli portano mamme e papà a voler tenere il bambino all’oscuro di tutto, nella errata convinzione che il non sapere significhi non soffrire. Si farà ricorso allora a piccole bugie come La mamma va via qualche giorno per lavoro. Il bambino vedrà, però, una mamma che ritorna a casa dolorante e affaticata e si chiederà, spaventato, cosa le sia successo mentre era al lavoro.Si accorgerà che la mamma e il papà sono più indaffarati e tristi del solito; assisterà a uno strano via vai di visite e telefonate; scorgerà la tristezza negli occhi di nonni e genitori e leggerà la preoccupazione sui loro volti. I bambini, infatti, anche i più piccoli, sono in grado di percepire gli stati emotivi che si esprimono oltre le parole, arrivando a capire molto più di quanto gli adulti possano immaginare. Essi, inoltre, vivono la vita con una visione totalmente egocentrica della realtà, che li porta ad attribuire a sé la causa di ciò che si verifica nell’ambiente che li circonda. Pensano quindi che, se la mamma piange, saranno stati loro a renderla triste. Se non può capire cosa sta accadendo, il piccolo non saprà come comportarsi e quali strategie attuare per difendersi e affrontare la realtà. È quindi davvero importante offrire delle informazioni, fornire loro delle spiegazioni affinché possano comprendere in modo esauriente e non ansiogeno ciò che avviene intorno e soprattutto dentro di loro».
 «È a partire da queste considerazioni che nasce l’idea di scrivere questo libricino. La storia di Filippo, raccontata con il linguaggio e con gli occhi di un bambino, vuole essere uno strumento per aiutare i genitori ad aiutare i loro figli», conclude la psicologa. Un libricino per le famiglie e per i bambini, in cui il tumore viene raccontato e affrontato insieme, passo dopo passo, con un linguaggio adatto ai più piccoli che però non banalizza affatto un evento tanto importante nella vita di una persona e di una famiglia.

«L’idea del libricino nasce da un progetto di formazione per le pazienti senologiche promosso e sostenuto da Humanitas Cancer Center dove informazione, comunicazione e consapevolezza sono le tre parole cardine. Un tumore comporta situazioni complesse da gestire, dalla diagnosi alla cura, dal follow-up, al nuovo assetto psicologico da raggiungere a livello sia personale, sia familiare. Si è voluto porre l’attenzione proprio sui più piccoli e su come spiegare loro una particolare situazione di vita, che non è un gioco», spiega Wolfgang Gatzemeier, Vice Responsabile dell’Unità Operativa di Senologia di Humanitas Cancer Center.

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