HomeSalute BenessereSaluteI misteri del cervello: scoperta l'area del perdono

I misteri del cervello: scoperta l’area del perdono

La clemenza come espressione dell'anatomia di un soggetto

Sanihelp.it – Da una ricerca condotta dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste e dall’Università di Trieste, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, è emerso che nel nostro cervello si troverebbe una regione che ci permette di perdonare gli altri: quanta più materia grigia è presente in quella regione, tanto più riusciamo a essere comprensivi verso gli errori e i difetti altrui.


Indrajeet Patil, primo autore della ricerca, spiega che «una caratteristica del giudizio morale, trasversale alle diverse culture, è il fare appello alle ‘buone intenzioni’ nei casi in cui l’intento che poniamo nel compiere un’azione e il risultato dell’azione stessa siano in conflitto tra loro. Sino ad ora, tuttavia, esistevano pochi studi che affrontavano la questione da un punto di vista anatomico, per comprendere se differenze nel volume e nella struttura di determinate aree del cervello potevano spiegare variazioni nel giudizio morale. Con questa ricerca abbiamo cercato di esplorare proprio questo aspetto».

Dallo studio, effettuato su 50 volontari, è risultato che alla base di queste valutazioni ci sarebbe una specifica area del cervello, il cosiddetto solco temporale superiore anteriore sinistro. L'esperimento che ha permesso di individuarla è stato condotto impiegando una tecnica non invasiva come la risonanza magnetica (RM): i ricercatori hanno studiato l'attività cerebrale dei soggetti coinvolti mentre questi rispondevano a un questionario esprimendo giudizi morali su storie i cui protagonisti erano colpevoli di errori gravi ma involontari; ciò che si è notato è che il volume della materia grigia presente nel solco temporale superiore anteriore sinistro sembrava avere realmente un’influenza sul giudizio espresso dagli individui.

L'area era già nota per essere implicata nella capacità di rappresentare lo stato mentale degli altri; e la propensione al perdono sarebbe dovuta ad una maggiore capacità di «immedesimazione» nelle azioni dell’altro e quindi nella non intenzionalità dell'atto.

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