ansia

COLLEGAMENTI

Ansia

La malattia è anche conosciuta come:
ansia cronica, disturbio d’ansia cronico, disturbo d’ansia generalizzata, generalized anxiety disorder


Tutti siamo un po’ ansiosi, anche se in modo diverso da persona a persona. Proviamo insieme alla dottoressa Rosa Versaci, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt a conoscere meglio questa patologia.

Categoria: Malattie psichiatriche
Sigla: GAD

Che cos’è – Ansia

Ansia di stato e ansia di tratto

Una classificazione del disturbo d’ansia è presentata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental DisordersAmerican Psychiatric Association (APA), nel 1994. Il DSM-IV viene utilizzato come strumento di riferimento per determinare, tramite il metodo deduttivo, se il comportamento di un paziente è inseribile in un quadro sindromico statisticamente rilevante.
Nel 1966 Spielberger ha introdotto la distinzione fra i concetti di ansia di stato e ansia di tratto. L’ansia di tratto può essere considerata una caratteristica relativamente stabile della personalità, un atteggiamento comportamentale, che riflette la modalità con cui il soggetto tende a percepire come pericolosi o minacciosi stimoli e situazioni ambientali.

I soggetti con elevata ansia-tratto mostrano una più marcata reattività a un numero maggiore di stimoli e sono caratterizzati da debolezza dell’Io, tendenza alla sensitività e alla colpa.
Per i soggetti con elevata ansia-tratto, quella ansiosa è la modalità abituale di risposta agli stimoli e alle situazioni ambientali.
L'ansia di stato, invece, può essere definita come un’interruzione temporanea del continuum emozionale che si esprime attraverso una sensazione soggettiva di tensione associata ad attivazione del sistema nervoso autonomo.
Alti livelli di ansia di stato risultano estremamente spiacevoli, dolorosi e disturbanti e stimolano il soggetto a mettere in atto dei meccanismi comportamentali di adattamento per evitare o ridurre queste sensazioni.

Questi meccanismi hanno successo se riescono ad allontanare lo stimolo ansiogeno o a valutarlo come meno minaccioso.
Se invece non riescono nel loro scopo, il soggetto può ricorrere a meccanismi di negazione o di repressione che sono, però, anti-economici, poiché non aggrediscono alle radici la causa dell’ansia e possono diventare meccanismi maladattivi in quanto finiscono per aumentare l’ansia di tratto avviando una spirale perversa.
I disturbi d’ansia includono: il disturbo di panico (con e senza agorafobia), l'agorafobia (con e senza disturbo di panico), il disturbo d’ansia generalizzato, la fobia specifica, la fobia sociale, il disturbo ossessivo e ossessivo-compulsivo, il disturbo acuto da stress e il disordine post-traumatico da stress (DSM-IV).

Inoltre, vi sono disturbi d’adattamento con caratteristiche ansiose, disturbi d’ansia conseguenti a circostanze mediche generali, disturbi d’ansia indotti da sostanze e disturbo d’ansia non specificata con un quadro sintomatico preciso (DSM-IV).

Bibliografia:

American Psychiatric Association- APA, (1995). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM IV), trad. it. Masson, Milano.
Spielberger C.D. (a cura di), (1966). Anxiety and Behaviour, Academic Press, New York
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Ansia: una definizione necessaria

Nel mondo sono tutti matti, tranne me e te; ma anche tu sei un pochino strano. Questa affermazione di Robert Owen, riformatore inglese della prima metà dell’Ottocento, nasconde un fondo di verità: tutti siamo un po’ ansiosi, anche se in modo diverso da persona a persona.
Proviamo insieme alla dottoressa Rosa Versaci, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt a conoscere meglio questa patologia.

L’ansia, secondo Borgna è fra «le emozioni costitutive della condizione umana, quella che ha la più vertiginosa linea diagrammatica: nel senso che oscilla nei suoi modi di essere da un’ansia normale a un’ansia neurotica, da un’ansia che si inserisce nel gioco psicosomatico a un’ansia che fa parte della depressione (…) da un’ansia che lascia le sue prime tracce nell’adolescenza a un’ansia che si nasconde nel cuore di alcune radicali situazioni psicologiche e umane». L’ansia, dunque, fa parte della vita.

Ansia deriva dal latino anxiĕtas-âtis, da angere che significa stringere e si caratterizza da un persistente stato di preoccupazione, stato tormentoso dell’anima, provocato dall’incertezza circa il conseguimento di un bene separato o la minaccia di un male temuto, timore, paura, apprensione, sensazione che le cose possano sfuggire di mano, bisogno di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, frustrazione e disperazione. L’ansia presenta un versante somatico di attivazione fisiologica (attività cardiaca accelerata, disturbi vasomotori, disturbi respiratori, disturbi della muscolatura striata) e un versante psichico.

In condizioni normali, l’ansia è uno stato di attivazione che consente all’individuo di affrontare le difficoltà di tutti i giorni, è quindi una tensione positiva e creativa; mentre in condizioni patologiche, l’ansia produce disagio interferendo nella vita quotidiana. Possiamo concludere che esiste un’ansia positiva e un’ansia negativa. Solo quando l’ansia supera una certa soglia parliamo di ansia negativa o disturbo d’ansia. La soglia è rappresentata secondo Farnè dal grado ottimale della tensione ansiosa, che migliora le nostre prestazioni e varia da persona a persona. Anche il grado di sopportazione dell’ansia è relativa alla persona ed alla capacità di sopportazione.

Bibliografia:

Farnè M. (2003). L’ansia. Il Mulino, Bologna.
Borgna E. (2005). Le figure dell’ansia. Feltrinelli, Milano.
Zerbetto R. (1998). La Gestalt. Terapia della consapevolezza. Xenia, Milano.
Perls F. (1995). L'Io, la fame, l'aggressività. Franco Angeli, Milano.
Perls F. (1991). Qui e Ora – psicoterapia autobiografica. Sovera, Roma.
Perls, F. S. Hefferline R. F., Goodman P. (1971). La Terapia della Gestalt. Astrolabio, Roma.

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Ansia: epidemiologia

Tra il 2001 e il 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Università di Harvard hanno promosso uno studio epidemiologico mondiale sulla distribuzione delle malattie mentali (World Mental Health Survey). Al progetto hanno partecipato 27 nazioni anche se a oggi sono stati pubblicati i primi risultati raccolti in 14 Stati in America, Europa (con lo studio ESEMeD, European Study of Epidemiology of Mental Disorders, cui ha partecipato l'Italia), Medio Oriente, Africa e Asia.

I numeri registrati mostrano un'ampia variabilità da un paese all'altro, passando da una prevalenza complessiva di disturbi dell'umore, d'ansia, del comportamento e da abuso di sostanze del 4,3% in Cina a quella del 26,4% negli Stati Uniti nei dodici mesi precedenti l'intervista. Ciò significa che uno statunitense su quattro afferma di aver sofferto di una patologia psichiatrica.

In Italia si registra una prevalenza dell'8,2%, inferiore rispetto agli USA e ad altri Paesi europei che hanno partecipato allo studio ESEMeD. Le forme d'ansia sono risultate le più frequenti ovunque, a eccezione dell'Ucraina, con una prevalenza tra il 2,4 e il 18,2%. In Italia la prevalenza si è attestata sul 5,8% per i disturbi d'ansia (la più bassa in Europa) e sul 3,8% per quelli dell'umore (superiore solo alla Germania, con il 3,6%).

Per l'Italia è stato esaminato un campione di quasi 5.000 soggetti maggiorenni, selezionati dalle liste elettorali di 172 comuni. Secondo i risultati raccolti, le donne hanno una probabilità doppia di soffrire di depressione e tripla di ansia rispetto agli uomini. Inoltre, sono più a rischio i giovani e non sposati, i disoccupati, le casalinghe e chi vive in città.

Dallo studio emerge, inoltre, che in tutto il mondo, per questo genere di disturbi si ricorre poco agli interventi socio-sanitari. In Europa la percentuale di coloro che si sono rivolti a una struttura sanitaria per ansia o depressione è del 26% e i due terzi di questi soggetti ha consultato un operatore dei Servizi di Salute Mentale, mentre gli altri si sono rivolti al medico generico.

Kaplan e colleghi nel 1997 hanno messo in evidenza che la maggior parte degli studi epidemiologici evidenzia che circa un terzo della popolazione ha avuto o avrà nel corso della sua vita un disturbo psichico, e tra questi, i più diffusi sono i disturbi d'ansia e quelli di tipo depressivo.

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Sintomi – Ansia


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Ansia: scopriamone i sintomi

Come ci spiega la dottoressa Rosa Versaci, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt, l'ansia può manifestarsi in molti modi. Possiamo in particolare identificare tre tipi di sintomi: organici, psicologici e comportamentali:

• I sintomi organici: difficoltà respiratorie (a esempio nel disturbo da attacchi di panico: sensazioni di soffocamento o di mancanza del respiro); sintomi cardiovascolari (tachicardia, palpitazioni, variazioni dei valori pressori, dolori al torace); debolezza; facilità a stancarsi; disturbi gastrointestinali; sudorazione; sensazioni di freddo o di caldo; bocca secca; senso di vertigine o di sbandamento; disturbi dell’alimentazione; disturbi visivi; ronzii alle orecchie; cefalea tensiva; irrigidimento dei muscoli della nuca, del collo e delle spalle; senso di testa vuota o svenimento; frequente bisogno di urinare.

• I sintomi psicologici: stato d’allarme senza motivo apparente; sensazione che stia per succedere qualcosa di negativo; paura di qualcosa di indefinito; tensione; preoccupazioni per la salute, per il futuro, per il lavoro o per le persone care. Tutto ciò determina indecisione, insoddisfazione, incapacità di fare piani per il futuro, perdita della gioia di vivere, disturbi del sonno (insonnia, incubi notturni, risvegli frequenti) e diminuzione o disturbo della libido.

• I sintomi comportamentali: tendenza all’isolamento, tendenza a criticare gli altri che non capiscono il male; tamburellamento delle dita; agitazione; passeggiare avanti e indietro; predisposizione ai piccoli e grandi incidenti; balbuzie e farfugliamenti; consumo di sigarette, alcol, psicofarmaci e droghe; suscettibilità.

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Diagnosi – Ansia


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L’importanza di una diagnosi scrupolosa

La dottoressa Rosa Versaci, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt, sottolinea l’importanza della diagnosi precoce in fatto di ansia: «Mi è capitato di leggere: Diagnosi: ansia, ma era infarto».
Il primo criterio da utilizzare per capire se si tratta di ansia o di qualcosa di diverso è rivolgersi a un medico ed esporre i sintomi. Quando si appura, con opportune valutazioni mediche, che tali sintomi non sono correlati a nessuna patologia fisica allora ci si può rivolgere a un professionista del settore: psicologo, psicoterapeuta o psichiatra.

La diagnosi è un momento importante per ogni trattamento psicologico e/o medico.
Il clinico dovrebbe poter raccogliere il maggior numero di informazioni possibili considerando tutta la condizione medica della persona. Possono essere utilizzati diversi test diagnostici o scale psicometriche (per esempio: Beck anxiety inventory, scala d'ansia di Zung) e naturalmente dei colloqui clinici più o meno strutturati. Il colloquio diagnostico (dia-gnosco = conosco attraverso) serve come momento di presentazione dello status mentale e psichico del soggetto, dei suoi funzionamenti e delle aree critiche. A differenza del colloquio diagnostico, nel colloquio clinico terapeutico, si attua un trattamento vero e proprio finalizzato alla cura della personalità del soggetto.
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Cura e Terapia – Ansia


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La terapia cognitivo comportamentale

Gli approcci terapeutici al trattamento dei disturbi d’ansia sono molteplici e si differenziano a seconda dell'orientamento teorico di partenza. Inoltre, le modalità di manifestazione dell'ansia sono numerose (ansia generalizzata, attacchi di panico), molto differenti tra loro e non necessariamente riducibili a una dimensione psicopatologica, Borgna suggerisce l'utilizzo articolato di strategie terapeutiche differenziate e modulate sulla base della specifica realtà individuale, piuttosto che il ricorso a programmi terapeutici standardizzati. A questo proposito l’intervento deve essere mirato e centrato sull’individuo. Iniziamo a conoscere il modello terapeutico cognitivo comportamertale. La terapia cognitivo-comportamentale è stata sviluppata negli anni Sessanta da A.T. Beck. Le sue origini però, possono essere fatte risalire a due differenti correnti di pensiero: comportamentismo (Watson, Pavlov, Skinner) e cognitivismo (Ellis e Beck).

La terapia cognitivo-comportamentale è finalizzata a modificare i pensieri distorti, le emozioni disfunzionali e i comportamenti disadattivi dell'individuo, producendo la riduzione e l'eliminazione del sintomo. Si ipotizza che le emozioni e i comportamenti delle persone vengono influenzati dalla loro percezione degli eventi. Non è la situazione in sé a determinare direttamente ciò che le persone provano, ma è piuttosto il modo in cui esse interpretano certe esperienze. All'origine dei disturbi vi è, dunque, un modo distorto di pensare, che influenza in modo negativo l'umore e il comportamento.

La terapia cognitivo-comportamentale sostiene, quindi, la presenza di una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi (tra i quali quelli emotivi) siano influenzati da ciò che facciamo e ciò che pensiamo nel presente, nel qui e ora. L'intervento psicoterapeutico si pone due obiettivi principali: individuare e definire il tipo di pensiero che accompagna le emozioni negative; cercare delle modalità alternative, più funzionali, di affrontare le situazioni problematiche.

Bibliografia
Beck, A.T. (1976). Principi di terapia cognitiva. Roma: Astrolabio, 1984
Beck, A.T., Freeman, A. (1990). Terapia cognitiva dei disturbi di personalità. Milano: Mediserve, 1993

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Terapia cognitivo comportamentale: il diario dell’ansia

Un altro fondamentale concetto che deriva dal modello comportamentale è l'influenza che il corpo ha sugli stati mentali. In altri termini, se gli stati mentali influenzano le reazioni corporee, è anche vero l'inverso: lo stato fisiologico influenza lo stato mentale. Di qui l'importanza assunta nel modello comportamentale delle tecniche di rilassamento.
La terapia cognitivo-comportamentale si è occupata d’ansia e in particolare in questo contesto approfondiremo il concetto di ansia generalizzata e di attacchi di panico. I terapeuti cognitivo-comportamentali ritengono che le persone che soffrono di ansia generalizzata tendono a pensare di essere sempre in ansia.
I primi passi della terapia cognitivo-comportamentale dell'ansia generalizzata vertono sul riconoscimento di episodi o picchi di ansia legati a specifiche situazioni e/o pensieri. L'individuazione di tali pensieri, detti automatici, consente di iniziare un lavoro di approfondimento che mira a sua volta far emergere alcune convinzioni disfunzionali di fondo.

Queste convinzioni sono sottoposte a un lavoro di ristrutturazione che consiste nell'esplorazione di tali convinzioni e nella loro ristrutturazione in chiave più realistica, mettendo in discussione le convinzioni stesse, sperimentandone concretamente l'inconsistenza attraverso veri e propri esperimenti comportamentali, individuando le ipotesi alternative, e imparando a distinguere tra specifici comportamenti e giudizi globali su se stessi.

La consapevolezza e il superamento di questi pensieri disfunzionali può aiutare la persona ad affrontare la vita con meno ansia. Allo stesso modo possono essere monitorati tutti gli episodi di ansia con un diario dell'ansia in cui siano annotati i fatti e le circostanze, i pensieri, le emozioni e le sensazioni fisiche, prima durante e dopo l'episodio o il picco d'ansia.

Bibliografia
Beck, A.T., Freeman, A. (1990). Terapia cognitiva dei disturbi di personalità. Milano: Mediserve, 1993
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La psicoterapia degli attacchi di panico

Come spiega Rosa Versaci, psicologa e psicoterapeuta della Gestalt, la psicoterapia degli attacchi di panico ha delle peculiarità legate alla presenza di:

1. Un circolo vizioso caratteristico di ansia anticipatoria a cui segue l'interpretazione catastrofica di determinati sintomi che genera a sua volta ulteriore ansia.
2. Il comportamento di evitamento conseguente.

Per risolvere il disturbo, dunque, non è sufficiente capire se stessi e ristrutturare le convinzioni inadeguate, è necessario spezzare il circolo vizioso – che è spesso talmente automatizzato da avviarsi rapidamente e quasi senza preavviso – ed è indispensabile abbandonare la tendenza all'evitamento. La ristrutturazione delle idee catastrofiche avviene con un insieme di tecniche che mirano a mettere in discussione alcune idee e convinzioni disfunzionali. Nel caso del disturbo di panico le idee più comuni sono: l'idea di impazzire, di perdere il controllo, di morire o di avere un grave malore, di svenire, di fare qualcosa di imbarazzante davanti agli altri, di non essere soccorso.

Tra le tecniche utilizzate, la desensibilizzazione viene effettuata soprattutto grazie a un training di esposizione che mira a far sperimentare la caduta naturale della reazione ansiosa anche se esposti ad alcune situazioni, che tipicamente vengono evitate nel timore di provare ansia.
Negli ultimi decenni hanno destato crescente interesse nella comunità scientifica alcune tecniche orientate sui processi piuttosto che sui contenuti dei pensieri. La funzione centrale della terapia consisterebbe dunque nel progressivo cambiamento nel modo in cui si sperimentano i processi interni, apprendendo ad accettare i pensieri e le emozioni che di solito sono temuti e quindi respinti. Sembra, infatti, che il tentativo di respingere o espellere contenuti sgradevoli contribuisca, paradossalmente, a mantenere il disturbo.

A questo proposito, Jon Kabat-Zinn ha ideato un programma di trattamento chiamato Mindfulness Based Stress Reduction. Mindfulness è uno stato mentale che ha a che fare con particolari qualità dell'attenzione e della consapevolezza che possono essere coltivate e sviluppate attraverso la meditazione. È la consapevolezza che emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell'esperienza momento per momento: a) con intenzione; b) nel presente; c) in modo non giudicante.
La proposta consiste nel concettualizzarla come una modalità di consapevolezza descrivibile attraverso un modello a due componenti:

– l'auto-regolazione dell'attenzione. L’attenzione viene mantenuta sull'esperienza immediata e perciò favorisce un aumento del riconoscimento degli eventi mentali nel momento presente;
– l'adottare un particolare orientamento verso la propria esperienza nel momento presente, caratterizzata da curiosità, apertura e accettazione.

Bibliografia
Beck, A.T., Freeman, A. (1990). Terapia cognitiva dei disturbi di personalità. Milano: Mediserve, 1993

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Gestalt e ansia

La psicoterapia della Gestalt nasce attorno agli anni Cinquanta a New York dalle intuizioni di Friedrich Perls strutturate in seguito con la collaborazione di P. Goodman, R. F. Hefferline e Laura Polsner. Il termine Gestalt è di derivazione tedesca e significa mettere in forma, dare una struttura significativa. La Terapia della Gestalt si colloca nella corrente umanistico-esistenziale e nasce dalle influenze della psicologia della Gestalt, della psicoanalisi, della teoria della corazza caratteriale di Reich, della teoria del campo di Lewin, dell’Olismo, dell’Esistenzialismo, della Fenomenologia, e anche di alcune filosofie orientali. Perls e colleghi elaborano quindi una «sintesi coerente fra più correnti filosofiche, metodologiche e terapeutiche (…) costruendo così una nuova Gestalt il cui tutto è diverso dalla somma delle parti». Laura Perls afferma: «la Terapia della Gestalt è una terapia olistica, il che significa che tiene conto dell’organismo nella sua totalità e non soltanto la voce, il verbo, l’azione o qualsiasi altra cosa».

I concetti cardine della Terapia della Gestalt sono:
– ciclo del contatto (o ciclo dei bisogni o ciclo della Gestalt): la schematizzazione dello svolgimento ideale di un ciclo di gratificazione dei bisogni;
– concetto di figura/sfondo: ripreso dalla Psicologia della forma, secondo cui la persona deve essere in grado di identificare la figura dominante e che emerge da uno sfondo (o Gestalt) nel qui ed ora;
– adattamento creativo: concetto introdotto da P.Goodman per indicare l’interazione attiva che si produce al confine di contatto tra l’individuo ed il suo ambiente;
– ad-gressività: cioè l’andare verso; secondo Perls la vera funzione vitale.
Perls e altri autori definiscono individuo sano, il soggetto che sa identificare senza sforzo il bisogno dominante in quel momento, sa operare delle scelte per soddisfarlo e si trova disponibile al momento in cui emerge un nuovo bisogno, cioè percorre il ciclo della soddisfazione dei bisogni (anche detto ciclo del contatto) in modo funzionale.

In ogni fase di un ciclo del contatto sano si presenta l’eccitazione che si esaurisce nella fase del ritiro ristabilendo l’omeostasi originale. Se, il processo fallisce e si blocca perché, a esempio l’individuo non riconosce il bisogno primario (o Gestalt emergente), il ciclo della Gestalt non si conclude e continua a interferire negli scambi tra individuo e ambiente. Uno degli obiettivi della Terapia è dunque quello di ripristinare il buon funzionamento del ciclo dei bisogni. Varie sono le tecniche finalizzate al miglioramento del fluire armonico del ciclo della Gestalt: il continuum di consapevolezza, ossia l’attenzione al flusso permanente di sensazioni, emozioni, idee che costituiscono lo sfondo dal quale emergono le figure o Gestalt; l’attenzione al presente; l’osservazione del come accadono le cose più che al perché.

Bibliografia:
F.S. Perls, R.F. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della terapia della Gestalt, Astrolabio, Roma 1994.
S. Ginger, La Gestalt terapia del con-tatto emotivo, Edizioni Mediterranee, Roma 1990.

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Ansia: intervenire con la Gestalt

Nel testo Teoria e pratica della terapia della Gestalt di Perls, Hefferline e Goodman il panico viene considerato un sano e normale adattamento creativo che l’organismo attua in particolari condizioni. Il panico, come ogni esperienza, è un fenomeno del campo, espressione quindi di un particolare modo e momento del rapporto organismo/ambiente. È una funzione protettiva per l’organismo nelle situazioni di estremo pericolo ambientale. Ecco perché il terapeuta lavorerà con il proprio cliente riconoscendo che quel sintomo, a esempio l’attacco di panico, è l’unico modo in cui l’individuo è riuscito a rispondere a quello che stava succedendo nella sua vita. Zerbetto sottolinea che l’ansia sia un’espressione di sofferenza collegata ad un potenziale energetico vitale. Un importante strumento utilizzato nel trattamento dell’ansia è la focalizzazione nel presente. La persona che soffre d’ansia è orientata al futuro, un futuro che viene percepito come catastrofico.

Il continuum di consapevolezza permette l’emergere di sensazioni, sentimenti, idee e permette l’emergere di gestalt dando il via al ciclo di contatto. Al contempo la focalizzazione nel presente evita la fuga rassicurante dell’ansioso interrompendo le proiezioni nel futuro. Attenzione al presente non significa, ovviamente, negazione del passato e del futuro quali dimensioni, che nel presente conservano un autentico significato. Laura Perls afferma, quanto esiste, esiste qui e ora, il passato esiste ora come memoria, nostalgia, rimpianto, risentimento, fantasia, leggenda o storia. Il futuro esiste, qui e ora nel presente attuale, come anticipazione, pianificazione, saggio, aspettativa e speranza o timore o disperazione. La terapia della Gestalt, quindi, lo assume tale e quale si presenta nel qui e ora, non per come è stato o come potrebbe arrivare a essere.

Il continuum di consapevolezza stimolato inizialmente con l’utilizzo di alcune domande : Cosa fa?, Cosa sente?, Cosa vuole?, Cosa evita? e Cosa si aspetta? diviene nel corso della terapia lo strumento grazie al quale i clienti riescono a distinguere consapevolmente sé, dal mondo esterno ed arrivare a differenziare quando stanno facendo esperienza di sé, quando stanno percependo il mondo circostante e quando stanno usando il loro intelletto. Il terapeuta e il suo cliente sono impegnati in una «relazione autentica io-tu fra due persone, ciascuna delle quali conserva il proprio posto». Il terapeuta gestaltico esplora il sintomo insieme al cliente, condividendo con lui questa avventura a due, in una relazione di simpatia che Perls oppone, a quelle che lui stesso definisce, l’empatia rogersiana e l’apatia psicoanalitica.

Compito del terapeuta è, come sostiene Infrasca, facilitare il recupero del sentire le proprie emozioni e la possibilità di entrare in contatto con la realtà nel tentativo di intervenire ed agire su essa, recuperando la dimensione della responsabilità (ciò che la persona vuole o non vuole fare), e l’accettazione del proprio modo di essere (tratto da E. Galvarini- tesi).

Bibliografia:
F.S. Perls, R.F. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della terapia della Gestalt, Astrolabio, Roma 1994.
S. Ginger, La Gestalt terapia del con-tatto emotivo, Edizioni Mediterranee, Roma 1990.
L. Perls, intervistata da Edward Rosenfeld, in: The Gestalt Journal, vol.1, 1978.
R. Infrasca , I disturbi da attacchi di panico. Dalla comprensione alla terapia, FrancoAngeli , 2000
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Altre cure – Ansia


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La tecnica della bioenergetica

Secondo Lowen la bioenergetica è una tecnica terapeutica che si propone di aiutare «la gente a riconquistare la sua natura primaria- la condizione di libertà, lo stato di grazia e la qualità della bellezza. La libertà è l’assenza di repressione interiore del flusso delle sensazioni, la grazia è l’espressione di questo flusso nel movimento e la bellezza è una manifestazione dell’armonia interiore generata dal flusso. Sono indice di un corpo sano e, perciò, di una mente sana».

La bioenergetica integra il lavoro sul corpo al processo analitico, intervenendo contemporaneamente sul livello corporeo, emozionale e mentale di un individuo. Si è sviluppata in America negli anni Cinquanta grazie ad Alexander Lowen e si basa sull’opera di Willem Reich, suo maestro e analista.

Obiettivo della terapia è liberare il flusso dei sentimenti rimuovendo le tensioni.

La terapia si articola lungo quattro linee:
1. Comprensione delle dinamiche corporee;
2. Analisi delle associazioni, del comportamento e del transfert 3. Comprensione delle dinamiche energetiche;
4. Ruolo della sessualità.

Secondo Lowen il nucleo del problema terapeutico è il cuore: l’organo più sensibile del corpo che viene difeso da barriere protettive, ovvero tensioni muscolari croniche che difendono la persona dai sentimenti repressi che non osa esprimere. Queste tensioni muscolari, localizzate alla gola, al collo, al petto, al diaframma e alla vita possono ostacolare la respirazione e, se diventano croniche, creano una predisposizione all’ansia.

Secondo la teoria bioenergetica, le funzioni che se alterate provocano ansia sono:
1. Respirazione. Senso di soffocamento, tensioni muscolari localizzate al diaframma. Se la tensione al diaframma si cronicizza il soggetto sperimenta una condizione d’ansia.
2. Cuore
3. Gambe: il cattivo passaggio di energia alle gambe genera paura di cadere che se si cronicizza diviene ansia.

Bibliografia
Lowen A., (1965). Amore e Orgasmo. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1980). La depressione e il corpo. Astrolabio, Roma.
Lowen A., (1983). Bioenergetica. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1985). Il linguaggio del corpo. Feltrinelli, Milano.

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La tipologia masochistica-compressa e l’orale-dipendente

Secondo la teoria Bioenergetica vi sono delle personalità che sono più predisposte a soffrire di ansia: la tipologia masochistica–compressa e la tipologia orale-dipendente.
La tipologia masochistica–compressa è caratterizzata da una componente di forte compressione a livello corporeo e psicologico. Le persone che rientrano in questa tipologia presentano una struttura corporea tendenzialmente brevilinea e muscolosa con gola e glutei contratti. Questo è il risultato di emozioni trattenute e inibite che non hanno trovato sufficiente espressione. Il tipo compresso può svilupparsi dove la figura della madre è soffocante e invadente ed è focalizzata sui bisogni materiale del bambino, più che sui suoi bisogni emotivi. Il bambino pertanto può crescere con la sensazione di essere schiacciato dall’alto attraverso la bocca e dal basso attraverso l’ano e di essere chiuso in una trappola che gli impedisce di esprimere completamente la sua personalità. il carattere masochista si sente sempre inferiore, ma dentro di sé si sente superiore agli altri.

La tipologia orale invece ha una struttura corporea debole e senza sostegno nel proprio interno, che porta questo tipo ad appoggiarsi agli altri diventandone dipendente. La persona è afflitta da una sensazione di vuoto interiore e senso di privazione legato alla mancanza di una figura materna sufficientemente calda, protettiva e di sostegno. Ciò le ha impedito di soddisfare in modo completo i propri bisogni di amore, calore e contatto nei primi anni di vita. Il tipo orale è soggetto a repentini sbalzi di umore, a fasi di malinconia e tristezza alternate a momenti di grande euforia.

L’ansia della tipologia masochistica–compressa è sostanzialmente diversa dalla tipologia orale. Nel primo caso, l’ansia si manifesta sotto la pressione del lavoro e nelle relazioni sociali, perché il masochista–compresso ha la sensazione di essere continuamente sotto pressione; l’orale invece tende a diventare ansioso prima di affrontare le situazioni.

Il supporto terapeutico bionergetico viene fornito sotto forma di aiuto a comprendere l’ansia e a scaricare l’eccitazione mediante l’espressione delle sensazioni. Quando l’auto-espressione non è intralciata, il livello energetico può essere mantenuto più alto: il risultato è un corpo vibrante, vivo e capace di rispondere in modo ricco alla vita.

Bibliografia
Lowen A., (1965). Amore e Orgasmo. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1980). La depressione e il corpo. Astrolabio, Roma.
Lowen A., (1983). Bioenergetica. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1985). Il linguaggio del corpo. Feltrinelli, Milano.

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Le fissazioni e la bioenergetica

Lowen nel suo lavoro intitolato Bioenergetica introdusse inoltre il concetto di fissazione: lo stato in cui una persona è impigliata in un conflitto emotivo che la immobilizza e impedisce qualsiasi azione efficace per cambiare la situazione. In generale sono presenti nel soggetto due sentimenti contrapposti, ciascuno dei quali blocca l’altro. Le fissazioni sono evidenti in quanto il soggetto tende ad assumere posture abituali si sviluppano dopo una continua esposizione ad una emozione che viene bloccata.

Tra le diverse tipologie di fissazioni che Lowen distingue (appendiabiti, capestro, gobba del bisonte o della vedova, donna sul piedistallo, la croce) ne ricordiamo due, una maschile e una femminile, che sono in stretto rapporto con il tema dell’ansia: il tipo appendiabiti e la donna sul piedistallo.

Il tipo appendiabiti, quasi esclusivamente maschile, ha una postura in cui le spalle sono sollevate e un po’ squadrate, capo e collo sono inclinati in avanti. Le braccia pendono sciolte dalla articolazioni e il mento è sollevato. Le spalle rialzate sono espressione della paura, in genere la paura originaria è dimenticata e l’emozione della paura repressa.

Il tipo donna sul piedestallo è una tipologia prettamente femminile, la persona viene elevata su di un piedestallo e si solleva da terra. Il corpo della paziente dalle pelvi in giù aveva l’aspetto di un piedestallo. Era rigido e immobile e pareva servire solo da base per la parte superiore. Questa fissazione è prodotta da una morale sessuale che blocca il piacere sessuale e può creare ansia.

Bibliografia
Lowen A., (1965). Amore e Orgasmo. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1980). La depressione e il corpo. Astrolabio, Roma.
Lowen A., (1983). Bioenergetica. Feltrinelli, Milano.
Lowen A., (1985). Il linguaggio del corpo. Feltrinelli, Milano.

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Curiosità – Ansia


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Ansia e paura: somiglianze e differenze

Il grado di parentela tra ansia e paura è strettissimo, tanto che alcuni autori considerano le due parole come dei sinonimi, altri, invece, li distinguono nettamente. In effetti questi due stati emotivi a livello di esperienza sono molto simili.
Il termine paura deriva dal latino pavôr, da pavçre, avere paura. Il termine paura viene definito da Borgna come «emozione che si determina in relazione con situazioni o nei confronti di persone avvertite come minacciose, pericolose, o tali, da compromettere più o meno gravemente la sicurezza o la vita stessa».

Kierkegaard afferma che il concetto di ansia è completamente diverso da quello di timore o paura che si riferiscono a qualcosa di determinato. Definisce l’angoscia come «la realtà della libertà come possibilità per la possibilità. La paura quindi è uno stato emozionale che si presenta in una condizione di reale pericolo, non è oscura o ignota; mentre l’ansia è una condizione fluttuante che ha in sé qualcosa di indeterminato».

Una prima distinzione tra ansia e paura riguarda la causa. La paura è la risposta puntuale a stimoli reali esterni o interni verso cui si mettono in atto reazioni di attacco/fuga; l’ansia è uno stato emotivo diffuso che non ha un obiettivo definito e può generare da stimoli neutri. In entrambi i casi sia la paura che l’ansia possono avere la funzione di anticipare il pericolo, la paura consente un’attivazione fisiologica immediata, mentre l’ansia ci consente, entro una certa soglia, di monitorare e anticipare il futuro evitando situazioni di pericolo.

Una situazione d’ansia continuativa logora l’individuo perché si concentra sul futuro ed è svincolata da circostanze pericolose, è irrazionale e spesso si fonda su pensieri disfunzionali (pensare in termini tutto o nulla, leggere la mente, fare l’oracolo, pensieri illogici, imprecisi, rigidi e/o generalizzazioni).

Inoltre la paura è un’emozione adattiva e ha avuto una funzione evolutiva in quanto fa aumentare la probabilità di sopravvivenza, mentre l’ansia protratta non è adattiva e ostacola le normali attività quotidiane.

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Un paziente racconta il suo primo attacco di panico

La dottoressa Rosa Versaci, ci regala la testimonianza di un paziente colpito da attacco di panico: «Voglio ringraziare Fabrizio G. per la testimonianza che ha voluto condividere e che ricostruisce primo attacco di panico. Grazie Fabrizio!»

Cosa succede…?
Cosa mi succede ?!?!?
Sensazione strana
Spavento!
Paura!
Oddio!
Panico!!
Non mi sento bene!
Sto per morire?!?!?
Sudo, tremo, non sento più le braccia e le gambe mi sembrano invase da centinaia di spilli che bruciano…
Il mio cuore batte quasi fino a scoppiare,
i miei occhi sembrano essere lontani da me
o meglio io lontano da loro, il mondo si allontana,
mi sento dietro le quinte della vita che mi circonda.
Mi sento svenire… non riesco a respirare..il petto mi fa male..
il braccio…oddio il cuore
.
Il mio volto prende il colore della cera, lo sento… mi sento perso,
solo,… non c’è nessuno che mi aiuta?!
Nessuno vede, ne capisce che sto male…
Voglio scappare andare lontano da questo sentirmi così
Lontano!!! Lontano dove?
Forse in ospedale! controlli, esami, ECG.
Piano, piano il terrore svanisce, il corpo torna ad essere normale
ma sento addosso una stanchezza infinita.
Sono distrutto fuori ed il mio dentro è cambiato.. qualcosa si è rotto.
Dottore, mi dica, sto bene? Sono malato?
Stia tranquillo, tutto torna nella norma. Lei è sano… giovane e forte… sarà solo un po’ di stress
ora le do due goccine e vedrà che sarà come nuovo!

….tutto iniziò così… ero giovane e forte….!!!
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Glossario per Ansia – Enciclopedia medica Sanihelp.it


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